E nulla rimase più.

Dov'erano andati a finire i soli assassini di "Toussaint l'Overture" e "Se a Cabo", la magia di "Black Magic Woman", la classe pura di "Treat" e "Oyo Como Va"? Dove le tastiere infuocate di Gregg Rolie? Svaniti nel nulla, condannati alla memoria dal carismatico Carlos. Che sicuramente avrà sentito quei tre anni - gli anni di Woodstock, gli anni dei concerti in Africa - come indimenticabili. Ma che allo stesso tempo avrà sentito l'insaziabile bisogno di cambiare, di seguire nuove tracce per non appiattirsi in un discorso fine a sé stesso. E così, dopo "Santana", il fenomenale "Abraxas" ed il comunque buono "Santana III" (dove però già si poteva intravedere qualche segno di stanchezza), la svolta intellettual - jazzistica di "Caravanserai", con il fondamentale abbandono di Gregg Rolie.

E dopo "Caravanserai" e "Devadip", ci sono "Love Devotion Surrender" e "Welcome", che per onestà intellettuale devo ammettere di non aver ascoltato. Ma aspetta, ho letto che comunque questo album va tenuto di buon conto, perché c'è il jazz, quello "mistico" di Santana, le partiture del buon Carlos trasudano visioni neanche fossimo sulla sella di un unicorno per un viaggio in compagnia di sua signoria LSD. Insomma, va valutato.

 Ma scherziamo?

Ok, provo a rimetterlo sulla radio. Vediamo, sono le... le undici e dieci di sera, l'ora giusta direi per un po' di trance da musica. Ma niente. Ad ogni nota che passa mi vengono sempre in mente le progressioni di "Waiting" e "Taboo". Forse dovrei ascoltare Mickael Shrieve, lui sì che ci mette l'anima su ogni singla battuta (o quasi). Ma no. Sento "Life is Anew" e non posso credere come la voce suadente di Gregg Rolie sia stata rimpiazzata da questa insulsa di Coster - il nuovo tastierista!

Aspetta, passano "Give and Take", "One With the Sun", "Aspirations"... chiudo la prima facciata. Tlac, ripresa (in realtà questo sul cd non c'è, ma è per fare un po' di scena). Ollallà, finalmente una bella canzone, "Practice What You Preach", meno scontata e ruffiana delle altre. Ma poi... niente. "Mirage" (penosa), "Flor de Canela", "Promise of a Fisherman" e la title track mi scorrono via come il flusso di un fiume. Ci sarebbe Here and Now, ma vai a ricordare. Ma quell'acqua che dovrebbe essere in movimento è altrettanto ferma nella misura in cui non riescie quasi a farmi chiudere questa recensione. Le canzoni galleggiano, ma restano ferme, stantìe, non riescono a penetrarmi nel cuore e nell'anima, dove pensavo potessero arrivare. Perché è lì che devono arrivare, vero? O sono io che ce le faccio arrivare?

Ci ho provato a farmi piacere questo disco, lo devo dire; ma Santana io non voglio pensarlo così. Santana è sudore, è erotismo, è muovere il culo per il ritmo estenuante anche se sei a un funerale. E' Dave Brown che va in trance a Woodstock mentre suona "Soul Sacrifice", è Carlos che fa andare a fuoco la sua chitarra neanche fosse Jimi Hendrix. Questo no. Questo è solo imitazione, o traccia non ben definita.

Torno ad aspettare Cecilia.

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