This record is dedicated to my dad who once told me that the world wasn't ready yet for the sounds in my head. Has it been time enough?

Questo scrive l'americana Santi White nel booklet del suo debutto, datato 2008, che, con un sound originale, realmente diverso da tutto ciò che circolava in un universo musicale oramai sul baratro, che accoglieva a braccia aperte una delle più grandi piaghe del nuovo millennio, cioè la Gaga, riuscì a ricavarsi un meritato spazietto sulle bocche di gran parte dei critici musicali odierni.

Eppure Santigold era una che circolava da tempo: una carriera lunga quasi un decennio, costellata di fiaschi, prima come leader di una band punk-rock, i Stiffled, che ebbe tra i più stretti collaboratori Darryl Jenifer, nientepocodimeno che il bassista dei leggendari Bad Brains, senza riuscire però a spillare un solo successo, nemmeno con due dischi all'attivo, poi ridotta a semplice co-scrittirice di demo per altri artisti sotto la major Epic Records.

Ebbene, come in ogni favola che si rispetti, segue la comparsa di una fata madrina.

E qui non si parla di una qualsiasi, ma di Mark Ronson. Conosciuto nel 2006 proprio mentre le sue due scoperte, Amy Winehouse e Lily Allen, lo rendevano uno dei produttori chiave del decennio scorso, la White si trovò al posto giusto al momento giustissimo, attirando su di sé gli occhi curiosi di critica e pubblico affamati di nuovi talenti Made in Mark, nonché quelli della Atlantic Records, che immediatamente le propose un contratto.

Ironia della sorte, non ci fu mai tempo di collaborare con Ronson (se non in una fugace apparizione nel suo "Version" in una cover di "Pretty Green"), così la cantautrice riuscì a confezionare, sotto l'occhio attento di Diplo (già collaboratore di M.I.A.) e John Hill, un vero e proprio pezzo di sé, senza troppi fronzoli o pacchianerie, un disco viscerale, dal suono naturale e mai scontato.

Un mix esplosivo di rock elettronico, dub, rock steady e new wave, che poggia la propria forza su dei motivetti ipnotici, per cui tante sue colleghe pagherebbero oro, che potrebbe essere paragonato a quello di una Karen O, in particolare in tracce potenti come "You'll Find A Way" o "Say Aha", e che, anche se in momenti come "Creator" o "Starstruck" è molto più vicina ad M.I.A. (con cui, peraltro, collaborerà nel 2009), strizzando un occhio ai No Doubt dei tempi d'oro per tutta la durata del disco, riesce a far suonare come coeso un carnevale di cento e più generi.

Definito da Rolling Stone "one of the year's most unique debuts", classificandolo come sesto album migliore dell'anno, assieme al singolo "L.E.S. Artistes", suo biglietto da visita, piazzatosi secondo tra i 100 singoli dell'anno, e numerose altre apparizioni in classifiche di riviste come Q e del celebre sito Pitchfork.

Un ottimo debutto, che è andato a sviluppare un vero e proprio fenomeno della musica hip-hop, con cui celebrità come Jay-Z, Beastie Boys, Scissor Sisters e Basement Jaxx fanno oggi la fila per collaborare. 

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