Realizzare un disco con pochi e selezionati strumenti di questi tempi non è impresa comune. Farcire è sempre più facile: confonde il gusto e accontenta un po' tutti. Volendo essere più raffinati, invece, occorre dosare bene gli ingredienti per evitare di appesantire troppo il piatto, specie se la pietanza in questione è destinata a uno spuntino intergalattico.

"Im Magen des Kosmos" è il primo album del duo altoatesino Satelliti. Sobrio, essenziale, è un disco atipico per il 2011: drum'n'synth nell'epoca della drum'n'bass, tastiere usate come chitarre, tamburi lontani e batterie acustiche che si inseriscono con discrezione su divagazioni elettroniche striscianti o urlanti

I rimandi vanno cercati indietro nel tempo, nella Kosmische Musik più rarefatta (i primi Amon Duul, Cluster, Harmonia, Guru Guru) oppure - tanto per individuare un'affinità relativamente recente - negli Orb di U.F.Orb privati di fronzoli.

Nelle due esplorazioni introduttive, "Primo movimento" e "Secondo movimento", intitolate in italiano come si conviene alle sezioni di un'opera seria di musica classica, la batteria fa da padrona su digressioni jazzistiche pulite (traccia 1) o distorte (traccia 2).

"In stillste ruh" introduce un paio di elementi di novità in cima e in coda: introdotta da un flauto traverso, termina con una struggente poesia in tedesco.

La title track arriva a metà del disco: una pulsazione elettronica ipnotizzante prende il posto delle percussioni e conduce dritti dritti nei meandri dell'esistenza, tra le viscere dell'universo.

"Coffee in Guangzhou" promette un discorso in cinese che sembra arrivare solo all'inizio del brano successivo.

"Dispersion (Thinking of you)" è una lunga improvvisazione che cambia più volte umore e introduce alla conclusiva "Mom", l'unico brano con una melodia riconoscibile e ripetuta a sufficienza perché rimanga in testa. Con quel delicato riff di Fender Rhodes le basterebbero un po' di archi per toccare terra e diventare un classico degli Air.

"Im Magen des Kosmos" è un disco sperimentale che si mantiene sempre tra il rilassante e l'inquietante, conduce verso spazi infiniti scavando dentro.

Bizzarro forse, ma tutt'altro che indigesto.

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