Da amante del doom metal pensavo (con un pizzico di superbia, lo ammetto), di averle già sentite tutte, ma quando un anno fa comprai questo album e lo ascoltai rimasi esterrefatto: "come ho fatto a non accorgermi dei Saturnus!!" mi chiesi. Al ché inizia una ricerca su internet e mi accorsi che, effettivamente, non sono stato l'unico a commettere questo madornale errore. In questo album questo gruppo eccezionale si fa portatore di un doom sempre pesante, eppure caricato all'ennesima potenza di devastante ed annichilente malinconia, che ti entra addosso come un freddo vento di fine autunno e si impossessa di te, segnandoti, davvero, a lungo. Da quando l'ho scoperto infatti si è creato una specie di legame unico con questo album, una dipendenza che solo pochissimi altri dischi mi hanno saputo dare. Sarà colpa della sua atmosfera solenne da reami caduti e re detronizzati, sarà il suo animo tipicamente autunnale, sarà che l'ho ascoltato in un momento fondamentale della mia vita, il fatto è che questo album è diventato per me, lo ripeto, indispensabile. E cercherò di convincervi a farlo divenire vostro, cosicché anche voi possiate, alla fine, darmi ragione.

In un certo senso il doom proposto dai finlandesi in questo "Veronica Decides To Die" sembra essere adatto per chi per la prima volta si avvicina a questo genere di musica. Sebbene le cadenze siano dilatate all'inverosimile e la voce in growl sia profonda e maestosa, è nelle sue architetture melodiche che l'album ti conquista. Non c'è una traccia che demerita, non una in cui le chitarre non tratteggino ampi spazi eterei ed aperti (il che è un controsenso per il doom), non una in cui una dolce e calda tristezza non sia la regina incontrastata. Perdetevi nell'iniziale "I Long" e capirete cosa intendo, è capace di toccare corde nascoste ed impensabili. Alla fine dei suoi undici minuti vi sentirete spossati ma in un certo senso rinati grazie a questo capolavoro.
I nostri sono ovviamente capaci anche di ritmi più veloci ed aggressivi, come nella successiva "Pretend", dove la cattiveria si fa disperazione urlata, ma è comunque nelle parti lente e, magari, accompagnate dal piano, che i nostri si abbattono sull'ascoltatore con tutta la loro carica di oscuro romanticismo e lo conquistano. "Rain Wash Me", debitrice nel suo ipnotico giro di chitarra a "The Cry Of Mankind" dei My Dying Bride, è un cappio al collo che si stringe sempre di più, è un pozzo senza fondo che ti inghiotte ogni strofa di più.

Eccezionale capolavoro è invece "All Alone". Non ho parole per descriverla, non ne ho mai avute, va solo ascoltata. Il pianoforte che qui ha un ruolo primario è così carico di sofferte emozioni e così dannatamente malinconico che fa quasi venir voglia di piangere, e quando non viene impiegato ci sono le chitarre acustiche a portare avanti il soffuso e desolato tappeto sul quale la voce calma e calda di Thomas Jensen racconta storie di sconforto e rassegnazione. Qui si tocca davvero la vetta emotiva più alta dell'album, e la canzone è un crescendo pauroso che sfocia nelle sferzate delle chitarre elettriche che portano a compimento questa sconsolata gemma nera. Chiunque deve sentire questa canzone, cercatela, scaricatela, anche solo questa, è qualcosa di indescrivibile.
La successiva "Embraced By Darkness" è probabilmente il più chiaro manifesto doom della band contenuto nell'album. Sentendola ci si accorge di quanto siano eclettici i Saturnus, capaci di tessere melodie così pesanti eppure teoricamente fruibili anche per chi di doom non ha mai sentito nulla. Pregevolissimo il finale, con l'assolo portante di chitarra che sembra avvolgersi su sé stesso, scomparire per poi riapparire più presente e pesante di prima.
Da menzionare infine l'ultima traccia. "Murky Waters", forse la più cattiva e aggressiva del lotto, con chitarroni pesanti e monolitici e una voce pesantissima e astiosa, che qui urla al mondo la sua cieca rabbia. Una bellissima ed intensa cavalcata, che di fatto chiude questo capolavoro, degno, senza dubbio, di stare al cospetto dei vari album di My Dying Bride, Anathema et similia.
Da avere, nient'altro da aggiungere.

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