Inizierei dicendo che sarebbe veramente un eufemismo definire “salto di qualità” 'In Trance'. La band arrivava da due buoni lavori come "Lanesome Crow" e "Fly To The Rainbow", album di ottima qualità che avevano dato inizio all'ascesa dei teutonici nell'olimpo musicale tedesco tuttavia, essi non erano nulla di straordinario o eclatante visto il periodo storico.

Con il terzo lavoro la rotta cambiò radicalmente, e, finalmente, i componenti come Uli Roth, Meine e lo stesso Schenker dimostrarono a pieno le loro potenzialità le quali, saranno riconfermate a grandi livelli in 'Virgin Killer'. Scaturisce un disco che alterna traccie tirate ad altre in cui i ritmi rallentano ma quasi mai si fermano, il punto in cumune dalla prima alla decima traccia sono i virtuosismi di Uli Roth, inconmensurabili, che plasmano i brani li trasformano e li conducono verso orizzonti sonori dalle parvenze epocali. “Dark Lady” sintetizza tutto questo in tre minuti e mezzo ad elevatissimo voltaggio. Pochi secondi di silenzio, disturbato, minaccioso, e poi, come un tuono la traccia esplode e si viene seppelliti da il martellante ritmo della batteria, dai potenti Riff e dalle scale della chitarra, ma sopratutto dal ritornello urlato da Roth accompagnato dal particolare coro in falsetto che lo precede. Neanche il tempo di riprendersi e si viene travolti da una serie di distorsioni e rapide sfuriate infernali, che squarciano, sventrano il suono, che, a loro volta lasciano spazio nuovamente al Refrain, ed infine ad una progressiva, amaliante quanto rapida spirale di suoni. Brano difficilmente esplicabile a parole, in questi minuti si trova tutto, circo, grazie a Roth, parte cantata superba ed inusuale eseguita dallo stesso guitar hero, ritmo coinvolgente, esecuzione strumentale pulita e decisamente caparbia.

Si giunge cosi alla Title track. Pervasa da un romanticismo decadente determinato dalla rauca voce di Meine capace di graffiare il cuore e l'immaginazione, l'intera struttura della composizione trova il suo zenith nel ritornello, il quale, nonostante sia, a livello di decibel, superiore al resto della canzone è ancora permeato abbondantemente da atmosfere tristi quanto epiche. A metà brano e nella parte finale arrivano immancabili gli assoli firmati Roth, grazie alla loro perfezione e pulizia esecutiva infondono con la collaborazione di un ritmo non estremamente veloce phatos, magia, a voler essere più sentimentali. Una canzone da antologia. Tre-” Life's Like a River". Non si cambia, anzi si rallenta ulteriormente. Ci si trova davanti a un esempio eclatante di ballata. I colpi scanditi da Lenners sono lenti e cadenzati, la voce di Meine, ruvida, amaliante, calma e vaneggiante viene seguita dai guitar solos di Roth che, come nella traccia precedente imprimono calore, poesia alla composizione. Verso la parte finale l'incidere del suono aumenta, la voce si fa più acuta, come la chitarra di Schenker più incisiva, ed il brano si conclude in questo modo. Ispirata ed indimenticabile non può essere considerata solo una ballad.

Dopo questa prima pausa, si ricomincia ad indirizzarsi verso un sound più pesante, rappresentato appunto dal quarto pezzo “Top Of The Bill”. Brano coinvolgente, Meine a dir poco arrabbiato, sfodera una prestazione strepitosa costruita su acuti/urli tiratissimi e intimorenti, ma, manco a dirlo, la sezione più stupefacente è quella delle cavalcate isteriche, distorte ed infuocate di Uli, che condurranno il brano sino alla fine. Anche su questa traccia nulla da dire di negativo, atmosfere ruvide ed incisive e cantato duro quanto basta. “Living and Dying” si accosta musicalmente con “In Trance” e “Life's Like a River” , ballad, refrain eseguito in tono maggiore rispetto alle altri sezioni del pezzo, segmento chitarra-virtuosistico di Uli, chiusura consegnata (come in Life's Like a River) all'incidere del ritornello. A mio modo di vedere è stato un errore immettere a questo punto del disco questo tipo di canzone perchè spezza il ritmo che si era riuscito a conquistare con “Top Of The Bill” ma non è nulla di grave, essendo comunque un brano gardevole. Si rimedia con la traccia successiva “Robot Man”, spiazzante. Il riffing è rapido e scattante, la batteria che scandisce il ritmo con i suoi rintocchi non è da meno, ma quello che sbalordisce è la velocità nella successione delle parole in piena comunione con il suono eseguito dagli strumenti, che imprime un incredibile impatto su tutta l'impalcatura del brano, sempre presente Roth con i suoi assoli ma in un tono minore. Un lavoro melodicamente diverso, unico all'interno dell'album, per velocità di esecuzione.

Nella parte finale dell'opera da sottolineare il Blues di "Sun in my Hand", l'Hard-Rock al fulmicotone e i numeri inimmaginabili di Roth in "Longing For Fire", ed infine la dolcezza e l'ipnotismo di "Night Lights" pezzo esclusivamente strumentale. In Trance è un disco particolare, sono presenti numerose ballate o pseudo-ballate che in qualche frangente rompono, infrangono l'idillio, ma a prescindere da questo, l'album rimane un capolavoro in particolare nelle sezioni tecniche.

Voto 4,5.

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