Il lato selvaggio della vita è l'argomento portante di questo tredicesimo album (1996) dei metallari teutonici, e anche la sua copertina (che in Europa fu in parte censurata) lo dimostra. Non è il chiaro esempio di come l'heavy metal puro sia nato e morto negli anni '80, ma la sonorità delle tracce di questo album conferma saldamente gli Scorpions ai vertici delle gerarchie di quel genere. Gli "eroi dell'heavy metal", come sono stati definiti dai Rolling Stones (quale onore!), non vogliono strafare con questo album ricco di ballate, non una novità per Klaus Meine e soci, ma allo stesso tempo dedicano qualche minuto anche ai soliti potenti riff di chitarra. Il nuovo batterista Curt Cress, che ha suonato anche con Freddie Mercury da solista e anche Elio e le storie tese, è di passaggio fra Herman Rarebell eil nuovo e attuale James Kottak: non si comporta male, dando anche un buon apporto personale a tutti i brani, soprattutto le ballate.

 Nuovi suoni, tastiere ed altri esperimenti che gli Scorps continueranno a condurre nei loro futuri album, caratterizzano questo album di discreto successo (doppio disco d'oro più uno di platino), ma rimangono ricordi i tempi migliori.

"Wild Child" apre il disco, introducendo la chitarra con un giro di cornamuse, originale e volendo anche azzeccato: il brano forse più violento, seguito da "But The Best For You" e dall'allegra "Stone in my Shoe". La hit "You And I" a colpi sembra richiamare i tempi di "Fly to the Rainbow", ma nel complesso si scopre la classica ballata, leggermente sporcata da parentesi molto elettriche; le assomiglia "(Oh Girl)I Wanna Be With You". C'è molto per chi vuole piangere disteso sul letto, chiudendo gli occhi e spegnendo la luce, ascoltando lo struggente arpeggio di "When You Came Into My Life", la più splendida e triste delle ballate qui presenti. Rudolf Schenker e Matthias Jabs dimostrano di saperci fare anche con le chitarre acustiche, e a noi resta solo da sognare un amore migliore, come descritto nelle splendide parole del poeta Meine, rese anche migliori dalla sua magnifica voce; ottime cornici soft anche "Does Anyone Know", "Soul Behind The Face", e le due "Where The River Flows" e "Time Will Call Your Name", leggermente più ritmate e dai risvolti chitarristici quasi country.

Chiude in bellezza la più triste di tutte, "Are You The One?", lasciando anche un po' di amaro in bocca alla fine del disco, e lavoglia di rimetterlo da capo, per sentire di nuovo le cornamuse di "Wild Child".

Arpeggi e lentezza in abbondanza, ma siamo lontani dall'esagerazione, poi di album ricchi di canzoni lente degli Scorpions non ci si potrebbe mai stancare, a testimonianza appunto dell'elevata produzione di best of e raccolte varie da parte del gruppo.

La traccia "She's Knockin' At My Door" è presente solo nella versione giapponese del disco, a testimonianza dell'interesse dei tedeschi di conquistare anche il mercato orientale.

Come sempre alla fine si può dire, un album pubblicizzato male, spesso uno di quelli che vengono comprati solo dai fan della band, ma fatelo ascoltare a qualcuno che sa apprezzare la vera anima del rock, e, se non può definirlo una pietra miliare, di sicuro almeno ve lo chiederà in prestito.

Il giudizio globale vede il gruppo, storico ma mai fuori tempo, confermarsi nel proprio genere, e a chi è accanito disprezzatore dei loro famosi pezzi lenti, qualcuno che predilige le canzoni più dure, possiamo replicare che nessun artista non è tale senza sentimento, e, più che altro, che nessuno sa fare le "ballads" come gli Scorpions.

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