Che fila assurda! Non credevo che questo "Into The Wild" riscuotesse un successo del genere allo spettacolo pomeridiano. Tutta colpa di Sean Penn e del suo nome illustre: il corrispettivo di un marchio alla moda durante l'apertura dei saldi. Ed eccoci qua tutti in fila. Ho parlato a casa con tanto fervore del trailer visto alla televisione che sono riuscito a portare al cinema ben tre generazioni. I miei genitori, mio fratello già avviato all'età adulta ed io: il più piccolino. Dopo due ore e mezza di show usciamo venendo investiti dalla ressa dello spettacolo serale che ci scruta in faccia per cercare capire cosa li attende.
DESCRIZIONE DEL FILM
"Into The Wild" è avventura. Un giovane laureato taglia di netto i ponti con il passato e per 2 anni vaga negli Stati Uniti alla ricerca disperata di emozioni dal profondo sud all'estremo nord. Fotografia emozionante capace di immortalare paesaggi che sarebbe un delitto assaporare sullo schermo di un insulso personal computer o di un televisore. Il montaggio delle scene è estremamente professionale e tutto scorre alla perfezione tra flashback e cambi di prospettiva. La regia è rude, a tratti selvaggia, proprio come dovrebbe essere in un film per nulla patinato che cerca di trasmettere emozioni forti. Il casting è di vertiginosa caratura e non mi sarei aspettato niente di meno da un super attore quale indiscutibilmente è Sean Penn. Emile Hirsch incarna con grande passione il complicato ruolo di un giovane che vuole tutto dalla vita senza avere il minimo legame. William Hurt riesce invece ad esprimere tutto il dolore di un padre di famiglia che crede di essere responsabile dell'abbandono apparentemente inspiegabile di un figlio fino ad allora considerato normale. La bellissima Kirsten Stewart interpreta ottimamente, ed in pochi minuti, la disperazione di una ragazzina innamorata che si vede sfuggire senza capire il perché un grande amore. Superba risulta essere la prova di Catherine Keener la quale instaura con il protagonista un rapporto speciale e profondo. Lei, una figlia dei fiori, comprende perfettamente la voglia di andare via, ma al contempo riesce ad immaginare il profondo dolore dei genitori in quanto anche lei è una madre che non sa più dove sia finito il proprio ragazzo.
3 SPIEGAZIONI
Non siamo ancora arrivati in macchina che mia madre, una cinefila incallita incapace di criticare un film che le recensioni (delle quali si nutre avidamente prima di andare al cinematografo) hanno elogiato, parte in quarta con un: "bellissimo". Si è immedesimata nel ruolo del padre e della hippie e dice che la fuga è tutta colpa della situazione familiare sottolineando come sia questo il fulcro. Cercare di dare ai figli una vita serena è essenziale. In inchiostro simpatico la sua espressione compiaciuta dice: "esattamente quello che ho dato ai miei figli". Ed è vero. Mio padre concorda, ma puntualizza sul fatto che questa generazione è strana e non è capace di accontentarsi e cerca sempre qualcosa in più dimenticando come costruire una famiglia step by step possa dare delle enormi soddisfazioni. Mio fratello è una persona estremamente vivace e sagace e diversifica il discorso. Secondo lui i miei genitori sbagliano prospettiva perché sono prevenuti sull'azione del protagonista. La giudicano come sbagliata a priori e cercano di giustificarla dimenticandosi che ognuno è proprietario della propria vita. "Come fate a dire che abbia sbagliato se per tutto il film siamo stati investiti da sorrisi smaglianti e testimonianze di felicità assoluta? Anche se non condividete il suo gesto, come me d'altro canto, non cadete nell'errore di essere convinti di avere ragione voi. Citando una battuta di Sin City forse è vissuto semplicemente nel millennio sbagliato". Bravo Marco, mi sei piaciuto!
Io sto zitto e mi accodo a monosillabi a mio fratello. In verità sto ancora pensando. Mi sento strano forse perché dell'intero nucleo familiare alla fine sono la persona che è più vicina alla situazione del protagonista che ha appena terminato gli studi e non sa ancora cosa fare della sua esistenza. Quando si è ancora giovani, e si sente di non aver fatto abbastanza, si ha paura di passare ciò che ci resta in modo tremendamente monotono. Quello che mi ha colpito maggiormente non sono tanto i suoi sorrisi nella natura selvaggia, ma la sua faccia triste e depressa quando è in mezzo alla gente in città. Può una persona che ha un animo solitario ed una concezione del vivere così meravigliosamente semplice essere racchiuso in 10 ore al giorno in un ufficio? Guardando questo film si potrebbe avere voglia di seguire le orme del protagonista che parte senza mete. Ma il condizionale è d'obbligo perché tra il dire ed il fare, che significa mandare a fanculo tutto e tutti per vivere senza soldi, programmi e contatti stabili, ci vogliono due coglioni di dimensioni sovra umane.
CONCLUSIONE
No, cari genitori e fratellino, non sono d'accordo con voi. Magari sbaglio anch'io, ma lui ha semplicemente voluto fare quello che voleva dopo aver sopportato per una vita le costrizioni e i comportamenti di etichetta di una società nella quale è stato costretto a vivere suo malgrado. Non conta che sia giusto o sbagliato, non conta il tempo nel quale è ambientata la storia. Per poter dire di aver vissuto ha dovuto provare sulla sua pelle ed uscire dalle citazioni degli autori degli innumerevoli libri che gli facevano compagnia. Ammirazione: è questo il sentimento che predomina in me.
Quando un film fa nascere discussioni accese è un bel film e vado a dormire soddisfatto. Buona visione
Carico i commenti... con calma