Il viaggio è una parte fondamentale dell'essere umano. Vuoi per evidente metafora con le dinamiche esistenziali, vuoi per questioni meramente evolutive e di adattamento, ma è durante lo spostamento che si vede ciò che prima era nascosto ai nostri occhi. E' quando ti sposti che accadono le cose. La ricerca della verità richiede un viaggio che molto probabilmente potrebbe non aver mai fine. Richiede una serie di rinunce sopportabili soltanto grazie all'intuizione della meta.

Chris McCandless intraprende questo viaggio rinascendo come Alexander Supertramp (tramp = "vagabondo"). E' una personalità assolutamente estrema, decisa ad arrivare fino in fondo al percorso. Durante il viaggio si imbatterà in tutta una serie di personaggi molto marcati, insoliti, ma nessuno estremo come lui. E forse proprio per questa sua caratteristica, Chris lascerà un segno indelebile in ognuno di essi. La decisione negli occhi di questo 23enne che lascia il mondo per la propria vita ha un magnetismo che sa di primordiale.

Questo film non è semplice. Ho da subito avuto l'impressione che potesse essere un'idea stupenda come anche un cumulo di banalità senza fine. Il rischio c'era, ed era forte, ma così non è stato, e Sean Penn tira fuori uno dei film più suggestivi degli ultimi anni.

Ogni inutile retorica è stata evitata grazie alla sola descrizione della situazione: un ragazzo di famiglia benestante che di punto in bianco dopo la laurea (assolti quindi ogni tipo di obblighi verso i genitori) parte senza lasciare traccia, anzi distruggendo ogni precedente collegamento con la società, per tornare nelle terre selvagge, "into the wild". Non c'è una particolare apologia della sua scelta, né (come ci si poteva aspettare da Sean Penn) grosse critiche alla società contemporanea. Alexander Supertramp è davvero un ribelle illuminato in possesso di qualche virtù superiore che lo porterà a scoprire la Verità, o è piuttosto un ragazzino traumatizzato dalla sua storia familiare che fugge dalla dura realtà nel modo più codardo e insensato? E la verità, la Vera Verità, cos'è? Ci si arriva tornando a una condizione primigenia a contatto con il lato estremo della natura, o ci si giunge invece elevandosi dalla natura e stipulando contratti sociali coi propri simili? Ogni risposta sembra a un certo punto mostrare il fianco.

E magari il messaggio del film, se ne ha uno, è proprio in queste domande. L'uomo è un essere estremo nella sua complessità, e proprio per questo di un'imperfezione spiazzante.

Forse però, quest'essere imperfetto, alla fine è in grado di arrivare ad una propria, personale verità. E grazie ad essa capire i propri sbagli ("happiness only real when shared") mentre ne osserva la disarmante bellezza.

Carico i commenti... con calma