C’è una goduria che per me non ha prezzo, un degustare sapori semplici ma concreti, un piacere dell’ascolto che mi rimanda ai momenti migliori del rock, in dischi come questo. Lavori che non hanno velleità commerciali, autoprodotti, che si inseriscono nel solco di un percorso stilistico senza picchi né fiammate, ma solido, dignitoso, che si piace. Con storie anche tristi di bravi, giovani musicisti tipo Benjamin Curtis, chitarrista effettistico e sognante, che ha fondato col fratello Brandon la band in questione, l’ha lasciata per gli School Of Seven Bells (e per la figa, anche…), è tornato, ha registrato un assolo che finirà su questo disco e poi è stato portato via da un linfoma, una di quelle cose che interrompe progetti, sogni, ideali strumentali. Awake In The Brain Chamber è il quarto disco dei The Secret Machines, il primo in dodici anni. Ed è un bel sentire.

Ingredienti: il già citato Brandon, tastierista, bassista e cantante con una voce graffiata e che spesso è filtrata, effettata, amalgamata nel flusso ritmico sorretto dall’emulo di Bonzo, Josh Garza, che picchia come un fabbro e sostiene alla grande una struttura sonora tra il progressive e lo shoegaze(la bande stessa si definisce “space rock”). Ospiti vari ed eventuali, ma fondamentalmente fanno tutto loro due. Niente virtuosismi, niente assolazzi, zero atteggio, ma un suono compatto, impastato e tuttavia solo apparentemente semplice, che richiede qualche ascolto per intrigare e per poter assaporare le piccole grandi idee.

L’attacco di 3, 4, 5 Let’s Stay Alive sembra una rinascita del poderoso intro di First Wave Intact, primo brano del loro primo disco (2004), per chi lo ha ascoltato, che poi si snoda tra chitarre tiratissime, tastiere spazialeggianti, voce compressa ed evocativa.

Si balza poi alla ritmica veloce, con il flusso carsico e intrigante di synth e chitarre di Dreaming Is Alright, per approdare poi alla bizzarra e potente Talos’ Corpse, dove il tocco di classe lo danno la voce che raggiunge toni cavernosi e la ritmica irregolare che contrasta con un refrain più orecchiabile sorretto dal synth; l’insieme è quasi maestoso.

Altra cavalcata, tipo treno in corsa o cordoli su di un viadotto con Everything’s Under, dove si apprezza ancora la direzione compatta e corale in cui sono lanciati gli strumenti, creando un unicum mai banale.

La malinconia filtra tra gli inserti di tastiera di Everything Starts, e non a caso questa è la canzone dove la chitarra è più presente, suonata dal defunto Benjamin che oltre ai semplici arpeggi si concede un assolo psichedelico; buono anche il lavoro delle voci sovra incise. Angel Come è l’episodio più debole, perché non ha grandi sviluppi ed è un brano sempre uguale a sé stesso, ma è apprezzabile il clima ipnotico e parossistico che la banda mantiene fisso per tutto il pezzo.

Gran numero con A New Disaster, che sotto la patina ritmica piuttosto semplice e catchy nasconde una ricerca melodica notevolissima e, ancora una volta, una classe strumentale non da poco; ottimo il ritornello e ottimi i giochi vocali che Brandon fa con il suo sontuoso graffiato, spesso filtrato dal synth. Funziona!

La chiusura è affidata alla toccante So Far Down, con chitarre e batteria lenta e profonda che danno un tocco di sentimento da tipica ballad, ma di nuovo il melange è incredibilmente ben riuscito e bilanciato.

Menzione particolare per tutte le liriche, criptiche, lontane e mai banali, spesso disperate e molto malinconiche. Awake in The Brain Chamber è secondo chi vi scrive un gran bel disco. Non si raggiungono certe vette del suo predecessore, Secret Machines del 2008, (che contiene per esempio I Never Thought To Ask, una delle ballate elettroniche secondo me più belle mai scritte), ma paradossalmente si dimostra più compatto, meno altalenante, più saporito e più ispirato.

Disclaimer - Io sono (forse) un po’ di parte perché:

  • Adoro questo gruppo, fin dagli esordi;
  • Adoro le sonorità tra il progressive e il cosmic, e questi ci vanno a nozze;
  • Adoro la ritmica cazzuta, che non ha paura di niente, nemmeno di sovrastare tastiere, chitarra e voce;
  • Adoro il cantato filtrato, dimesso, che si impasta nel flusso strumentale senza prendere troppo spazio, con discrezione.

Detto questo, siamo semplicemente davanti a un lavoro di rock vero, grezzo, dal sound sporco ma curato, che funziona. E che è uscito nel 2020!

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