Sergio Cammariere riassume in sé una eccellente capacità compositiva, un tocco pianistico alla Keith Jarrett e una non comune sensibilità interpretativa. L’artista è arrivato alla grande ribalta ad un’età in cui i cantautori cominciano già a tirare le somme della propria carriera e questa è sicuramente la testimonianza della sua estraneità o almeno, della sua non omologazione, al music business, nonostante l’opinabile partecipazione sanremese.
La maturità artistica raggiunta molto prima del successo discografico ha posto e pone Cammariere in una sorta di limbo dei cantautori italiani. Il secondo disco, nel caso in questione, doveva quindi essere più che una conferma del suo talento, ma una prova del nove della sua vena creativa: troppo bello e ragionato era infatti il capolavoro del debutto "Dalla Pace del Mare Lontano". E Cammariere non ha deluso le aspettative, "Sul Sentiero" è un disco maturo, ben suonato e ricco di splendide canzoni. Il terreno è quello per lui usuale della contaminazione Jazz della musica leggera italiana ed essendo questi, in generale, i tempi magri della musica moderna, Cammariere con le sue canzoni un po' retrò sembra già un classico, gioco forza fuori dal tempo. Così un brano attualissimo come "Libero nell’Aria", in realtà un lucido excursus sull’organizzazione di un probabile attentato terroristico, sembra riportare il lato più sognante e meno senziente della mente, ad una storia di gangster di inizio novecento. Un esempio di come la musica e i fenomeni sociali, in qualche modo, tendano a ripetersi nelle stesse forme. Il testo, come per la maggior parte dei pezzi, è scritto dal fido paroliere Kunstler, che non si ripete però sempre all’altezza delle sue prove migliori. Spicca quindi, inevitabilmente, la nuova collaborazione con il poeta Panella che in "Niente"propone la migliore composizione del disco.
Le collaborazioni si esauriscono con il testo malinconico e surreale di "Ferragosto", scritto da Bersani, di cui dispiace evidenziare una veste musicale, decisamente in tono minore, dello stesso Cammariere. Nonostante le pochissime cadute di stile, il talento del nostro risorge in capolavori di composizione e di esecuzione come "Lo Zio D’America", un incalzante brano swing con un irresistibile accompagnamento di pianoforte.
Se da un lato la capacità di orchestrazione e di arrangiamento sia quanto di più fine oggi il panorama italiano possa offrire, dall’altro, Cammariere, sembra ormai muoversi bene anche su terreni artisticamente più pericolosi e così in "Nuova Italia"prende la scia, senza sfigurare, delle grandi canzoni sul belpaese: un brano alla De Andrè, con un testo ficcante sul potere e gli Italiani. E’evidente d'altronde come il musicista persegua in ogni brano i propri modelli di riferimento, cercando di volta in volta le soluzioni più congeniali alla sua sensibilità.
Il disco quindi, benché nella scia della tradizione musicale italiana, offre spunti di innovazione, ricercati maggiormente nella simbiosi fra testo e musica e, meno spesso, in più ardite composizioni musicali. Un esempio è la splendida "Oggi", una rivincita del paroliere Kunstler, che nella fattispecie riesce a comporre meglio del musicista e quest’ultimo a fare meglio di quanto già fatto precedentemente nella vestizione melodica di un testo non propriamente ordinario. Il risultato è un brano senza tempo, un classico, da scoprire e non da riscoprire.
Non ci si può esimere dal notare come Cammariere, con la sua proposta musicale, si metta in qualche modo in disparte rispetto alla musica corrente. "Sul Sentiero" è un disco godibilissimo, consigliabile a chiunque ami la musica ben suonata, ma in un certo senso estraneo al sentire comune. Rimangono certamente questi i tempi dove si lasciano cadere nel dimenticatoio anche opere sublimi come questa, ma la linea di confine dell’area dove chi ascolta e dove l’opera stessa riescono a raggiungersi non è così marcata come potrebbe sembrare. E questo è un limite mio, di Cammariere e dei nostri giorni.
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