C'è del marcio in Italia? Si e no, mi viene da rispondere. La noia non vola alta e ora va a braccetto con il freddo. Dovevo trovare qualcosa di buono che mi accompagnase per la città vuota, con passi lunghi mentre tutti dormono. Non sempre si sa cosa si vuole ed è in questi casi che la strada vecchia va rispolverata.
Come è bello quando hai tempo, quando puoi respirare. Come son belle le mattinate albeggianti con le saracinesche appena sollevate. Tutto rarefatto, come se ci fosse una pellicola davanti agli occhi. Sembriamo in pochi ad apprezzarle, ma le cose buone son per pochi e i pure Settlefish son per pochi.

Bolognesi come pochi, così tanto da far paura come avrebbe detto il buon Pierpaolo, girano il mondo con la loro musica. Vanno e vengono dal nuovo mondo e leggenda vuole che in un'anno fanno quasi duecento date. Insomma si sbattono, i ragassuoli, stampando in italia per la Unhip Records e in America per la Deep Elm e ascoltandoli a tutto si pensa tranne che a guardare sul etichetta per scorgere la provenienza del "prodotto" che si consuma.
Che fanno? Boh... suonano piu o meno come se alla sessione ritmica degli At The Drive In si unissero lo stonato Stephen Malkmus e il prode Scott Kannberg (per gli ignoranti: sono il centro dell'universo Pavement).

Quello che ne esce, "The Plural Of The Choir", secondo disco, è, per il sottoscritto, il miglior disco del 2005 composto da un indie-punk-rock dipinto con leggeri acquarelli in una sfumatura che parte dal grigio fino a giungere ad un lilla chiaro in un colpo solo.
Bravi, insomma, i Settlefish e sarebbe ora che tra una maglia rigata, di un qualsiasi indiota, e una frangia annerita, di un qualsiasi scEMO, qualcuno se ne accorgesse nel frattempo... i ragassuoli mi accompagnano tutte le mattine all'università. Si svegliano presto, si lavano in fretta e avvolte saltano pure la colazione.

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