Quando sfilai dal suo involucro "Terraform" ero convinto di avere in mano qualcosa di importante. Ma era cosi solo in parte. Si tratta di un gran bel disco, solido e compatto.
Dopo il capolavoro "At Action Park", da Albini non ci si aspettava di certo originalità. Il lampo di genio c'era già stato. Ma certo ci si aspettava un album che potesse reggere il confronto col precedente, con, almeno, una nuova tensione. Ed è proprio questa tensione che manca in "Terraform". O meglio, c'è, ma non regge per tutto il disco. Comunque si tratta sempre di un gran lavoro, molto superiore a tanta merda che sta circolando in giro. Violenza, ritmi spezzati, quasi schiacciati, l'importanza del controtempo, l'importanza dei silenzi. Le canzoni di Albini sono come montagne russe: alternano momenti di calma apparente a momenti mozzafiato. Vere e proprie esplosioni.
Il pezzo che apre l'opera è "Didn't We Deserve A Look At You The Way You Really Are", ed occupa prepotentemente metà della prima facciata dell'album. Ecco, questo è quello che ci si doveva aspettare da Albini. Pezzi come questo, che trasformano la monotonia (tre note di basso per tutta la durata della canzone) in capolavori.
Apprezzabili sono la ruvidezza del suono, la sua naturalezza e la ricerca per il "minimale". Nel complesso un lavoro un pò sottotono, ma comunque apprezzabile e da avere preferibilmente in vinile (180 grammi, ovviamente!).
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