FRIEND! At most, people become what their friends enable them to be. In our case, we are (all of us) what we have made of ourself, among ourselves. You have been one of us, a friend, a we love you. Comrade! Friend! Thank you!

Lettere argentate su sfondo nero. 779 copie tirate per 779 amici per questo Ep del 1997 che prende il nome di The Futurist.

Due tracce lunghissime, una per lato, che ne contengo decine d'altre di quella musica affilata e geometrica che solo gli Shellac sanno fare. Lavorano di sottrazione, se potessero farebbero un disco d'un solo accordo, suonano il silenzio, e qui scompare anche la voce, quella voce apparentemente monotona ma così comunicativa da fugare ogni dubbio su ciò che in un determinato e preciso momento intende comunicare, ma compaiono inserti e collage di suoni, di robe e oggetti che sembrano provenire dal futuro e il risultato è strano, inaspettato per quello a cui gli Shellac di solito mirano. Una musica spoglia, che mira all'essenza, ma vestita di Futuro.

Sembra una questione privata, così privata da recare fin dalla copertina il nome di chi può ascoltarlo. I destinatari di questo regalo alla musica non siamo noi, ma gente come Lou Barlow, Kim Deal, Tad Doyle, Dave Grohl, Jason Lowenstein, Ian Mackaye, Brendan Murphy, Jeff Nelson, Jim O'Rourke, Bruce Pavitt, Guy Picciotto, Cris Novoselic, Agostino Tilotta, Sasha Tilotta, Mike Watt, David Yow più parenti e compagne. Eletarismo, semplice strafottenza o pura misantropia? Nessuna risposta, ma sarebbe bello avere un zio d'America occhialuto e con la faccia da Nerd, che si diverte a suonare il bisturi quando e come gli pare e che scrive il tuo nome in argentato sulla copertina d'un dodici pollici.

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