Non posso non pensare che fare un disco è un po' come lasciarsi fotografare, lasciarsi stampare in un Polaroid, testimone di quel che è e di quel che sempre sarà. Come una Polaroid, né più né meno, con su scritta la data e le intenzioni che l'hanno determinata.
Questa Polaroid me la immagino con un filo di luce che cavalca l'obiettivo, le tre sagome ombreggiate con le braccia incrociate che ti fissano, gli occhialoni da vista che spuntano dal nulla. Verde tutto attorno mentre il cielo chiaro d'un pomeriggio qualsiasi aspetta il riposo con qualche nuvola scura a fargli compagnia... sotto, sul bordo grande, c'è scritto: "10/10/93 - We are Shellac... Fuck you, it's only for us".
"The Rude Gesture (A Pictorial History)" è il primo documento che prova l'esistenza degli Shellac e la voglia d'Albini di riprendere a camminare in un mondo che rifiuta... magari di farlo a modo suo. Questo splendido sette pollici sta ad "At Action Park" come un aforisma pungente sta ad un romanzo di formazione.
Lo stile è già ben delineato, esattamente come la loro voglia di esistere solo per se stessi senza scosse o ripensamenti; la produzione è forse una delle più imprecise e mediocri di Albini. Tutto poteva far pensare, al momento dell'ascolto, a qualcosa di prescindibilissimo se non fosse per la botta finale... "Billiard Player Song": la canzone Pop che mai era uscita dal buio dei suoi umori. Un unico riff in maggiore fino alla fine sul quale il basso comincia la sua corsa... la batteria singhiozza... la voce nascosta da tutto il resto come un uomo piccolo, un bambino, schiacciato da quello che non è lui... quella vocina così naturale che sembra parlare a te che ascolti... quelnonsochè sparato a palla nei timpani che pulsano... non so nemmeno di cosa parla questa canzone, ma son convinto che parli di me.
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