«Kirmizi» (rosso) è il quinto album di Sibel Tüzün, apprezzata e poliedrica cantante turca.

Dopo gli esordi con due album di gusto decisamente etno-folk, la Tüzün si era cimentata con successo nel rock-grunge a cavallo degli anni Novanta e Duemila con due album: "Hayat Buysa Ben Yokum Bu Yolda" (qui recensito) e "Yine Yalnizim", ma in questo lavoro l'artista torna all'etnico-sentimentale, e lo fa in grande stile. Appare enormemente cresciuta rispetto ai primi due album di questo genere, più consapevole e accurata. L'album fu concepito per essere una raccolta di duetti con vari artisti del panorama musicale turco, ma visti i numerosi problemi sorti per via dei difficili accordi tra case discografiche si optò per un lavoro da solista. L'opera si apre proprio con la titletrack «Kirmizi» [sample], pezzo dai ritmi blandi e sensuali, intriso di suoni caratteristici della musica anatolica. La voce calda e profonda e l'interpretazione appassionata di Sibel Tüzün rende questo pezzo uno dei più famosi del suo repertorio, che spazia dall'etnico alla dance, passando per rock e pop. Segue un'altra pietra miliare della carriera della Tüzün, "Hakikaten" (veramente) [sample], meno sensuale e più romantica e sognatrice, in cui l'artista si cala nei panni della "bella del paese" che chiede al suo spasimante di prometterle amore sincero, rispetto e fedeltà ("Hakikaten sever misin beni?" - «Veramente mi amerai sinceramente?»). Mirabile l'uso di violini, chitarre e percussioni, che rendono il pezzo piacevolissimo e dal gusto vagamente retrò.

"Yediveren Gülü" si apre in maniera dolce e tranquilla, per diventare via via più incalzante e finire in un turbinio di percussioni, cori e gorgheggi vocali molto divertenti. Il pezzo più bello dell'album è però, a mio parere, «Nihayet» (finalmente) [sample]. Sibel dà qui il meglio di se, con voce calda e misurata, virtuosismi mai sguaiati, tono sensuale e mai volgare. Le percussioni, curate da Mustafa Süder e le chitarre da Burak Gültekin conferiscono al pezzo quell'atmosfera calda che fa pensare alle soleggiate e suggestive coste egee della Turchia. I sentimenti sono il trait-d'union di tutte le canzoni dell'album sicuramente il più riflessivo e introspettivo della carriera di Sibel Tüzün. Seguono altre bellissime tracce, quali «Canim Isterse» (in cui la cantante si lancia in una serie di impegnativi gorgheggi, che mai deludono l'ascoltatore), «Kiymetlim», dai suoni decisamente mediterranei, che ricordano non solo le coste turche ma anche, e soprattutto, quelle siciliane per sonorità, e poi «Sikayet», «Pesindeyim» e «Kalbim Hediye Sana», sempre sul genere etnico-sentimentale. Diversa è invece «Yagmur», in cui iniziano ad intravedersi le incursioni più moderne e dance che caratterizzeranno l'EP che seguirà, dal titolo «Kipkirmizi», culminati poi col singolo «Süper Star» del 2006 col quale la Tüzün rappresentò la Turchia all'Eurovision Song Contest di quell'anno, e gli ultimi due singoli (estate 2008) «Aç Telefonu» e «Yaz Aski». L'album si chiude con la versione in lingua greca di «Kirmizi» («Agapi Kokini») e qualche remix.

Un'opera davvero bella, curata, sensuale, da ascoltare con gli occhi chiusi per lasciarsi cullare dai suoni etnici, dai ritmi e dalla voce calda e profonda della quantomai brava Sibel Tüzün.

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