Ascanio Borga - "Inner Geometry" (2001) Ascanio Borga - "Liquid Symmetries" (2002)(ambedue pubblicati privatamente)
Trovare un italiano che mostri buone capacità in campo inflazionato come la musica ambient, riuscendo ad offrire un prodotto ascoltabile, è quasi un miracolo. I percorsi musicali di Ascanio Borga sono punteggiati di reminiscenze di alcuni mostri sacri dell'ambient. Dalle superfici pulsanti dei Tangerine Dream alle sospensioni spaziali di Anugama, dall'insistenza minimalista di Reich alla poesia matematica di Eno, la geografia della musica ambient è stata fin troppo esplorata per pretendere di scoprire ancora qualcosa di nuovo. Ma già la proposta di un tour dell'esistente, come quella offerta in questi dischi, che sia piacevole e non un déjà vu, è una gradevole sorpresa e un considerevole successo. Tanto più che la musica di Ascanio si presenta astratta, aerodinamica, disincarnata, guidata da una sensibilità pulita, lineare, assolutamente contemporanea. Borga sintetizza le scoperte di quasi quarant'anni di musica elettronica in pochi, essenziali tratti, post-moderni, post-umani, post-tutto.
Sono apprezzabili questi cd perché non inquinati da autocompiacimenti calligrafici, da vani esoterismi o da offensive iperboli virtuosistiche. Consapevole dei tempi decisivi che ci troviamo a vivere, la musica che vi si trova è comprensibilmente epica. "Inner geometry" prende le mosse dalle colonne sonore dei Popol Vuh per i film di Werner Herzog per tramutarsi in uno dei quieti lavori un dritto-due rovesci cui Terry Riley ci ha abituati. Anche "Self Interference" sacrifica l'invenzione all'ortodossia, e potrebbe essere stata pubblicata dalla Dark Vinyl in un momento Mogadon. Le sciabolate di suono di "Circular Dream" continuano la riproposizione del passato, remotissimo stavolta, con reminiscenze forse di Fripp nella sua fase 1984. Pur alludendo al cuore color pastello che si cela in ciascuno dei robot che camminano seriosi per le nostre strade, Borga è consapevole che nella nostra società post-umana è troppo tardi per i romanticismi. Ma, certo, le storiche copertine di Roger Dean sembrano assai più appropriate per liriche spaziali come "Liquid Symmetries" che per l'osceno esibizionismo tecnico degli Yes. L'astrazione dei timbri rievoca i momenti più filmici di Real Life e del primo Journeyman; altri brani riecheggiano le solitudini metafisiche e la crudele alienazione delle uscite su Cold Meat Industry, depurate però della disperazione, dei compiacimenti morbosi e degli eccessi autoerotici dell'artista tenebroso e maledetto. Le movenze e i processi sonori espressi in questi cd sono altamente tecnologici, non si sporcano le mani con la ferramenta pesante né si ammantano del tono gotico, cardini della musica industriale tradizionale. Al contrario, si attraversano veli leggeri, evanescenti, e le lunghe stasi ("Destination: frozen", "Beyond") sono un'attesa più che un'angoscia. Un'attesa, la visione di un mondo a venire, dove l'ascoltatore, investito della funzione di ambasciatore del genere umano, si addentra passo dopo esitante passo, in un ambiente sconosciuto ma rassicurante - parallelo alle distese di Biosphere, ma privo dell'alienante deserto relazionale del norvegese. Piccole luci, avvolgenti nebbie, minute presenze animali sembrano creare un ordine nuovo nel quale l'uomo potrà finalmente risplendere delle proprie virtù, invece di proclamare il proprio fango, come è ora usanza. Nei primi tre minuti di "Dream Scape" Borga è addirittura riuscito a condensare l'intera ora di "Music for Airports", prima che il brano gli sia sgusciato elicoidalmente dalle mani per aprirsi a ventaglio in una trasfigurazione luminosa degna di un'estasi mistica: il suo momento più felice, finora.
Qualcuno lo distolga dalla carriera di insegnante o di ricercatore che sono in agguato dopo la svolta della laurea, e gli dia un film per cui creare le musiche, una installazione da sonorizzare o, quanto meno, un'Acropoli sulla quale esibirsi.
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