...."non siamo giudici/solo vittime/tutto è già scritto ormai/già deciso/l'inevitabile è qui davanti a noi/ed è inutile correre/siamo tutti vittime/carnefici"....
(sig V "Parole")
CHI SONO I SIG V?
Così si può riassumere questo splendido primo disco degli emergenti Sig V, gruppo romano che decide di affacciarsi al mercato discografico con un concept-disc di non facile fruizione. Correva l'anno 2003 quando "Strani sogni" vide la luce. La voglia di fare qualcosa di diverso, di sperimentare, di fondere la musica anni '70 con suoni moderni e, soprattutto, il descrivere con suoni, rumori e melodie ciò che una ricca trama noir (degna di George Orwell in 1984, di Arancia Meccanica e Metropolis) tratteggia è impresa che pochi intraprendono. Già! Pochi si arrischiano in terreni argillosi, dove è più probabile affogare nella propria creatività che ricevere i giusti meriti. I Sig V ci provano lo stesso perché è giusto non porre mai dei limiti alla propria fantasia, al proprio modo di sentire. Prendono le distanze, così, dal clichè in voga sul nostro italico suolo e si avventurano in un percorso che solo grandi gruppi hanno avuto il merito ed il coraggio di intraprendere.
Il risultato non è un capolavoro assoluto, ben inteso, ma un disco sicuramente molto bello ed interessante, da prendere in cosiderazione (un capolavoro mancato insomma). Se questo è il loro esordio, allora c'è da aspettarsi grandi cose da questi ragazzi e, soprattutto, se in Italia c'è gente che produce musica rock complessa allora vuol dire che questo paese non è, musicalmente, morto dentro.
IL CONCEPT DEL DISCO.
Sig V=signor Who, ovvero signor Chi=signore qualunque. Nel Chi ci siamo tutti, io, voi che leggete, l'uomo comune ed il vip. E' la storia del disco parte proprio da questo signor chi, all'apparenza un uomo comune, che non riesce, però, a porre un freno al suo Es, alle sue pulsioni. Queste pulsioni, istintive ed animali, lo portano a desiderare, e compiere, una serie di delitti. Il signor V, prende coscienza lentamente del suo male interiore e si dispera cercando di fuggire non solo dalla polizia, ma anche da se stesso, dal mostro che lo corrode. Alla fine il nostro uomo qualsiasi verrà preso, umiliato, deriso ed ucciso in maniera disumana dalla collettività-società, che in maniera più consapevole del protagonista (e quindi più colpevole), si diletta, attraverso motivazioni generiche (e filo-protezionistiche), a perpetrare violenze pari a quelle dei criminali (pensate solo alla formula "guerra preventiva". Ma è meglio non divagare).
In sostanza, siamo tutti vittime e carnefici al comtempo, ma questo è il male minore rispetto alla violenza celata imposta dalla società. I sig V trasmettono in questo concept disc di 72 minuti l'incubo del vivere in una quotidianità comunque spietata, al pari di ciò che i Pink floyd avevano già fatto negli anni 70-80.
COME SUONA QUESTO DISCO?
Musicalmente parlando i Sig V fondono assoli alla Gilmour, musica Pink Floydiana corale ed orchestrale ai Marillion, dai Bluvertigo a Battiato, dal jazz all'elettronica, dal progressive alla psichedelia ed al rumorismo. Si perde la "forma-canzone" ed il disco appare come una unica suite senza interruzioni, ben suonato ed arrangiato. Il disco è inevitabilmente ricco di trovate a volte geniali, a volte acerbe, ma il risultato finale è davvero lodevole.
Appena schiacciato il tasto play si viene accolti in una atmosfera di rumori e tastiere dilatate, un tappeto sonoro di matrice Floydiana, sul quale si innescano ritmi elettrificati. Ma questo non è tutto. Su questi tappeti si inseriscono sax di natura jazzistica (che suonano come Bob Ezrin) che rimandano molto ai Pink Floyd di "a momentary laps of reason". Con il proseguire delle tracce la musica si inasprisce senza mai scadere nel "violento" o nel metal (nonostante il tema trattato). I pezzi, ben intrecciati tra loro e studiati in ogni più piccolo effetto, divengono a volte più progressive, a volte più elettronici fino all'innesco della superba "parole" e agli splendidi assoli di Maurizio Loffredo che imita, e ci riesce, il Gilmour dei tempi migliori.
I testi, in italiano e mai banali, rifiniscono l'opera ed il contenuto musicale. Il disco, tuttavia, presenta dei momenti "stancanti" che non gli permettono di raggiungere le vette del genere. In particolare mi riferisco alla troppa elettronica (anche se in alcuni pezzi, "elettrocuzione" su tutti, è molto ben dosata) che richiama troppo i Bluvertigo (a mio gusto avrei preferito qualcosa di più "analogico"). Il bravo batterista Corrado D'Agostino, del resto, è anche dj e nel disco si sente! Lode anche all'ottimo tastierista Gianluca Meloni e al bravo bassista Cristian Buccioli.
CONCLUSIONI DELLA FILIPPICA!!
Per concludere mi si potrebbe obiettare: "ma se il disco non è un capolavoro pieno, come mai hai dato 5/5?". La risposta è la seguente: "premio, a mio modo di vedere, non solo la realizzazione del progetto, ma anche chi propone qualcosa di diverso dal comune. I Sig V propongono qualcosa che, per certi versi, sa di nuovo e di fresco almeno qui in Italia. Premio chi, non facendo il musicista di professione, piazza, alla sua prima pubblicazione, un disco pieno di personalità. Questi sono i veri coraggiosi della musica, a questa gente bisogna dare carta bianca".
Almeno un ascolto è d'obbligo.
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