I Sigh sono una delle migliori band metal giapponesi di sempre. Partiti dal black metal (sono stati messi sotto contratto addirittura dalla "Euronymous Deathlike Silence Production"), il gruppo ha subito una singolare evoluzione, che li ha portati a lasciare in parte le atmosfere black per diventare una vera e propria band di avant-metal in cui riff di scuola metal anni '80 si fondono con basi e inserti elettronici, tastiere tipicamente settantiane (mellotron su tutte) e una dose di improvvisazione che non guasta mai; tutto ciò fa da supporto all'acido scream del cantante e leader Mirai Kawashima.

Il culmine di questo percorso artistico è "Imaginary Sonicscape", pubblicato nel 2001.

L'opener "Corpsecry-Angelfall" parte con un veloce e diretto riff su cui si innesta il primo mini-assolo di tastiere. Il brano è probabilmente il più lineare dell'album anche se il brano si interrompe bruscamente sul 5° minuto per lasciar spazio a un finale di soli violini. Il viaggio psichedelico inizia veramente con "Scarlet Dream" farcita di pesanti riff ma anche di synth e batteria elettronica e 3 tipi di voci: lo scream, una voce filtrata al computer e nel ritornello un coro femminile; da notare l'intermezzo orientaleggiante-elettronico.

Scioccante: non ci sono parole per descrivere "Nitzchean Conspiracy", una canzone trip-hop in piena regola. Sembra di sentire degli oscuri Massive Attack dietro le vellutate note del sax e dei violini. Ancora peggio "A Sunset Song": su una base di basso e batteria in stile pop-rock si inseriscono dapprima un assolo jazz di tastiera e in seguito una base dance con trombe campionate, oltre ai mai scontati e violenti riff di chitarra. Ormai abbiamo capito che da questa band ci si può aspettare di tutto. Dopo l'intermezzo per pianoforte "Improptu (Allegro Maestoso)" arriva "Dreamsphere (Return to the Chaos)" in cui si sente maggiormente l'influsso orientale grazie ai violini in sottofondo che compaiono qua e là nel brano.

Anche se sono passati 34 anni, il ricordo dei Deep Purple deve essere ancora forte in Giappone, visto che "Ecstatic Transformation" sembra proprio un brano dei Deep Purple: il ritmo vagamente blues, gli assoli alla Blackmore e quelli alla Lord vanno a braccetto con i synth e l'elettronica e anche con un contraltare di violini, per quache secondo, nella parte centrale del brano. Segue la lunga (quasi 11 minuti) "Slaughtergarden Suite", divisa in 6 parti; difficile descrivere tutte le sensazioni che questo brano heavy, psichedelico e sinfonico nello stesso tempo provoca nell'ascoltatore. L'unico (per fortuna) calo dell'album è "Bring Back the Dead": non che sia brutta, ma, al contrario degli altri brani, non si segnala per niente in particolare. La chiusura è affidata a "Requiem-Nostalgia", che inizia con un tema sinfonico che si ripete più volte nel brano, il cui ritornello molto melodico presenta anche il flauto, oltre al fatto di essere cantato in giapponese.

Un album che piacerà in particolare ai fruitori di musica più "open minded".

VOTO=7

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