Il bambino guardò le ombre che i mobili gettavano sulle pareti e sul pavimento della sua piccola camera da letto e si rintanò sempre più giù, sotto le coperte. Vicino al letto riusciva a distinguere la sagoma nera del suo comodino, enorme grattacielo nel buio impenetrabile della notte. Il profilo dei giocattoli si stagliava immobile nell’aria fresca della stanza, facendoli somigliare a sinistre figure che avrebbero potuto muoversi e prendere vita in qualunque momento.

L’inquietudine scende con il buio, si diceva il bimbo, ma è solo inquietudine. I mostri non esistono.

Ma all’improvviso una folata di vento spalancò la portafinestra della piccola stanza. Il bambino si gettò le coperte sopra la testa, attendendo al buio tra le lenzuola che il mostro lo uccidesse. Ma non accadde nulla. Il bimbo sentiva il fresco venticello estivo che accarezzava le lenzuola e, in lontananza, l’abbaiare di cani. Pian piano cominciò a uscire dal letto e a incamminarsi verso la finestra spalancata; il pavimento era freddo sotto i suoi piccoli piedi e gli sembrava di scorgere un nuovo sguardo negli occhi dei suoi peluche: uno sguardo freddo e maligno…

Quando raggiunse le tende della portafinestra gli parve per un momento che fossero ombre fluttuanti, esseri dalle mille forme sempre in mutamento. Durò un attimo. Poi tornarono a essere semplici tende bianche abbandonate alle maree del vento d’ Agosto, fluttuanti come le onde del mare. Il bambino le superò e si ritrovò in una spiaggia, completamente disseminata di lapidi in marmo bianco. Si incamminò verso il mare, dal quale si alzavano schizzi di acqua salata. Mentre percorreva la spiaggia leggeva i nomi incisi sulle lapidi. Dave Mellow, Brian Matt, Katherine Blackfield, Stephen Raywood… Un attimo! Stephen Raywood, conosceva quel nome, gli era familiare. Camminò fino ad arrivare al mare, dove si infrangevano le onde. Immerse i piedi nell’acqua. Era tiepida. Rimase così per qualche minuto, sdraiato sulla spiaggia, con il vento che gli accarezzava dolcemente i piedi e gli occhi chiusi. Finche non ricordò: quel nome…era il suo!

Aprì gli occhi.

Si trovava in camera sua e fissava le tende bianche che ondeggiavano alla luce argentata della luna. Perché se ne stava lì in piedi a fissare le tende? Allungò una gamba, il piede era bagnato di acqua di mare; l’odore di salsedine era molto forte. Superò le tende e ricordò.

Ora si trovava in una pianura sconfinata e deserta. Il paesaggio vasto ricordava molto le immense pianure islandesi, quelle che poi finivano a strapiombo sul mare.

L’aria era frizzante e il cielo di un azzurro così limpido come non lo aveva visto mai. Si incamminò verso la scogliera oltre la quale si intravedeva quel tappeto azzurro in continuo movimento che era il mare. L’erba alta e verde gli accarezzava la pianta dei piedi e le caviglie, il vento fresco gli scompigliava i capelli e gli faceva lacrimare gli occhi. Sul tratto finale della scogliera vi era una piccola caverna ombrosa; il bimbo la vide e vi si incamminò lentamente. Oltre alla caverna c’era il vuoto, oltre il vuoto il mare, oltre il mare il cielo. La caverna era umida e immersa nella penombra, ma il bimbo riuscì a scorgere un vecchio. Aveva una lunga barba candida ed era sdraiato a terra, con la schiena appoggiata ad una delle alte pareti della grotta. All’interno si potevano sentire le onde che si infrangevano sugli scogli.

-Ti stavo aspettando…-mormorò il vecchio con voce flebile –Tu hai il mio nome!-

-Ma non posso dartelo- disse il bambino, con tranquillità misurata- poiché quel nome appartiene anche a me.-

-NO!-urlò il vecchio, alzandosi dal pavimento e dirigendosi verso il bimbo-Quel nome mi appartiene, non me lo ruberai! E da anni che non lo possiedo più, mi è stato tolto, loro me lo hanno portato via…-il vecchio cadde in ginocchio singhiozzando, la testa che oscillava.

-Lo hai perso, lo hai dimenticato!-gli disse il bambino -Ma te lo rivelerò, purché esso possa appartenere a tutte due.-

Il vecchio lo guardò, gli occhi offuscati dalle lacrime - Sì, lo divideremo…-disse

-Stephen Raywood- disse il bambino solennemente- è questo il nostro nome.-

La scogliera e la caverna sprofondarono nel mare, portando con loro il nome, il segreto, il vecchio e il bambino.

Il bimbo era in piedi davanti alla finestra spalancata. I suoi piedi erano bagnati di acqua di mare e frammenti di erba vi erano rimasti attaccati. Un intenso odore di salsedine stava lentamente riempiendo la stanza. Rinunciò a chiudere la finestra e tornò nel letto. Per quella notte aveva visto abbastanza.

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