Se il precedente "When Broken Is Easily Fixed" poteva sembrare ancora un po' acerbo, qui i Silverstein fanno quadrato, smussano tutti gli angoli del loro sound e arrivano alla prova del secondo full-lenght con molte certezze e una conferma: il five-pieces canadese a differenza di molti, continua sulla sua strada.

Se adesso sono al top della scena emocore odierna, il successo è tutto meritato. E' quest'ultimo è dato proprio da "Discovering The Waterfront". Che fa suo una grafica di copertina quanto mai sublime, e che già da se è una fotografia istantanea sul tipo di approccio musicale della band.

A differenza del lavoro precedente, che conteneva 2/3 pezzi da urlo ("Smashed into pieces" su tutte) e poi si perdeva un po', qui i nostri sono riusciti ad ovviare al problema, scrivendo tanti buoni pezzi e riff indimenticabili che altre band userebbero per costruirci su tre album. Un misto di malinconia, speranza, rabbia e sofferenza, questo si percepisce durante l'ascolto del platter. Tutto questo vortice emotivo trova il suo compimento durante le 11 tracce che alternano sapientemente tratti di power-pop con dolci arpeggi e vocals delicati, a sfuriate hardcore con urla laceranti e leggere sfumature metal.

Difficile trovare una traccia più bella delle altre, al contrario tutte riescono a non sfigurare nel complesso, mantenendosi su ottimi livelli.

Come si dice in questi casi c'è né un po' per tutti i gusti e tutte le tasche. Si  parte con la carica di "Your sword vs. my dagger" che tira fuori il lato hardcore della band, concretizzandosi in un finale elettrico con riff di estrazione metal che si sovrappongono ad un basso quanto mai pulsante sul ponte, fino al singolo di successo "Smile in your sleep" che alterna sapientemente strofe tranquille caratterizzate da una splendida melodia con un bridge dove le chitarre alzano la voce.

Scorrendo si fanno notare i violini che sorreggono la ballad del disco ovvero la title-track "Discovering the waterfront", ma a risaltare maggiormente sono gli assalti frontali di "Fist wrapped in blood" che si conclude con un finale tiratissimo, con urla laceranti e riff metallici, la splendida atmosfera tranquilla e sognante di "Ideas of march" e le ritmiche incalzanti di "Defend you", a conti fatti il pezzo più hc del lotto insieme all'opener.

Da annoverare nella lista delle migliori pure "Always and never" che colpisce per l'incisività e intensità dell'attacco urlato e che finisce in un ritornello da pogo.

Menzione a parte merita "My heroine" uno dei pezzi emocore più belli degli ultimi anni, che da sola vale l'ascolto dell'intero disco e dà un idea precisa di chi siano i Silverstein.  Una gemma che brilla di luce propria, con un riffing base spettacolare, che mette ancor più in risalto la grande prova dietro il microfono di Shane Told. Qui malinconia e aggressività sembrano andare a braccetto come l'odio con l'amore, due facce della stessa medaglia che sembra impossibile separare. Bello pure il video della song ambientato in un ospedale.

Le ultime pennellate  per completare il dipinto generale sono portate dall'ispirata quanto nei riff, quanto nell'effetto delle spoken words "Already dead", "Three hours back" e da "Call it karma", che tramite i suoi backing vocals ci dà il saluto finale. Componimento questo che assume ulteriore bellezza nella sua versione acustica contenuta della raccolta di ep e rarità del gruppo "18 Candles: The Early Years".

Una prova ottima da parte di tutta la band e un'ottima produzione aumentano notevolmente il valore all'infinito dell'opera. Azzeccate le scelte dei suoni e delle armonizzazioni, che stavolta vedono la drastica riduzione dell'uso del violino, a conti fatti usato solo su un brano. E poi è difficile non farsi catturare dagli splendidi vocals sia che essi siano sussurrati, melodici o screaming di Shane Told, una delle voci più belle del genere. Forse insieme a Dustin Kensrue dei Thrice in assoluto le più affascinanti.

Un'ulteriore nota positiva va ricercata a livello di songwriting: i canadesi dimostrano di avere a disposizione diversi formati-canzone dalla loro parte. Riuscendo così a rendere il tutto molto vario e tenendo a debita distanza la noia.

In conclusione,  disco consigliato a tutti, sia a chi già li conosce, sia a chi fosse un novizio del genere e vuole approfondire la materia. Senza dubbio "Discovering The Waterfront" rimane una piccola gemma che brilla di luce propria, in un oceano (genere) troppo affollato come quello odierno, facendosi notare come pochi altri e rimanendo per ora il picco della loro carriera e uno dei più belli nel suo ambito.

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