"Ecco un'altra canzone su un vecchio albergo,
un posto in cui puoi rialzarti nello stesso punto in cui sei caduto"
("Hotel Suite")

E com'è facile cadere quando i pensieri vanno a sedimentarsi sul fondo di una bottiglia ormai vuota,
persi in un luogo straniero che non percorreresti mai a tentoni nel buio, un posto che non odora di te
e neanche d'altri, pervaso dal ticchettio dell'orologio che produce un rumore assordante, il fastidioso
sottofondo di una pausa forzata fino a domani. Ti ritrovi dormiente negli ultimi bagliori del pomeriggio
filtrati dalle veneziane o nell'atto finale di un cielo pumbleo che si è annunciato già nell'alba.

Che sia luce o tenebre, aurora o crepuscolo, il tempo è un concetto astratto
in questo avamposto dell'esistenza.

Come le "terre visitate nel pensiero" nel fantastico immaginario di Calvino, le camere d'albergo sono
una dimensione spirituale, crocevia di destini naufragati nel tempo o tracce remote della memoria,
cristallizzate in una fotografia.

Simon ha vissuto parte della sua vita in camere d'albergo. La storia di "Hotel Lives" è la sua storia,
adornata qua e là da piccole bugie e mezze verità, per non sentirsi completamente nudo. Spesso
ha goduto di una sorprendente, inaspettata intimità in questo luogo di tutti e altrettano spesso ne
ha amaramente rivalutato le stime, dipingendolo come un edificio senza pareti, una scatola di vetro.
Insomma, posti da cui evadere, lasciandosi tutto alle spalle.

Senza esitazioni, pervaso da una sensazione di solitudine e di abbandono, Joyner è evaso dal suo
mondo verso un altro mondo, salvo poi ritornarci con il più tragico e fatale epilogo che si possa
immaginare.

"Mi sono svegliato con il fumo e il fuoco nel soffitto,
quando ritiri il martello, la foresta attacca"
(The Blue Hammer")

Ebbene si, "Hotel Lives" è un lavoro marcatamente grigio, dove la rassegnazione prevale sulla
speranza come un lucido impietoso cinismo che stronca ogni velleità, fosse mai esistita.
I personaggi che affollano le sue stanze, immagini riflesse di se stesso, chiamano a rassegna i
propri demoni, talvolta con voce afona, altre con un tono passionale e ispirato, bruciati
dall'inquietudine e dallo smarrimento.

"Quando non riesco a dormire mi giro intorno...
ho un dolore dentro che mi rende un po' cattivo"
("Insomnia")

Dalla finestra scruta scampoli di vita laggiù in strada, poi torna a sedere sul letto, imbraccia la
chitarra e col disincanto stampato sul faccione riprende a raccontare le cose così come sono,
senza aggiungere colore o sottrarlo. La verità, che piaccia o no. L'arpeggio che si espande
lungo le pareti della stanza, danzando con i temi floreali della carta da parati, è uno dei più
diabolici inganni che si possano escogitare, un canto delle sirene, il bacio della morte o solo
un disperato grido d'aiuto per paura di rimanere soli.

"Perché devi sempre cercare un posto vacante in ogni vita da hotel che sfiori?"
("Now We Must Face Each Other")

Joyner, come in passato Leonard Cohen, David Ackles e Nick Drake, ha i propri cocci di vetro
come pascolo per la sua anima, vivendo con accettazione i dolori dell'umana esistenza e
raccontandoli senza risparmiarsi. Il tema della solitudine e l'abbandono sono tra i più ricorrenti,
una ferita sanguinante, il conto aperto con la vita.

Porta i suoi vestiti fuori dalla nostra stanza,
[...] avvia la macchina e scende dalla collina.
Ora la casa è terribilmente silenziosa [...]
E presto arriverà l'inverno
e la neve mi troverà nascosto"
("The House")

In "Your Old Haunts" sarebbe bastata la sola parte strumentale, un'aria pregna di mille parole
senza pronunciarne alcuna. Le parole ci sono comunque. Parole funeste e in fondo al
baratro, finalmente, un barlume di speranza.

"Il passato può essere molto pericoloso
ma spesso è disposto a perdonare"

Un' armonia scarna conduce la musica attraverso le tenebre, alternata da brevi riff
taglienti e dalla voce di Joyner, boa luminosa in un mare nero come la pece.
E quando "le parole intrise di vino si sono trasformate in aceto" ("Nocturne") arriva
Morfeo nelle stanze dei vinti, piegando le ultime resistenze sugli accordi finali.

Già, perchè nelle stanze d'albergo prevalentemente si dorme e si aspetta il domani,
senza illusioni e con una solida certezza, quella di rialzarti nello stesso punto in cui sei caduto.

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