Il giovane Simone Cristicchi è il vincitore dell'edizione 2007 del festival di Sanremo. Il pezzo dal titolo "Ti regalerò una rosa" racconta di una lettera che un matto scrive a una donna prima di compiere un gesto disperato per trovare una libertà mai avuta.
Simone solleva una questione "sociale" ed insiste sul non dimenticare queste figure emarginate della nostra società. Il pezzo non è impegnativo e si costruisce con accordi semplici, non richiede particolari abilità canore, perchè è una nenia quasi parlata su non troppi giri armonici. Il brano ha vinto in tutti i sensi: la palma d'oro ed il miglior testo per la critica televisiva, con un buon apprezzamento da parte del pubblico. Il giovane Cristicchi si riscrive come canatutore impegnato, e non è la prima volta (l'anno scorso sempre al festival presentò un pezzo sul benpensantismo), dopo gli esordi pecorecci del brano tormentone "Biagio Antonacci".
Non mi convince però la scelta del cantautore di ergersi su una sedia alla fine del brano per mimare il gesto del volo-suicidio del matto. Il pezzo è scritto alla luce di un'esperienza reale, in un centro di igiene mentale, che deve aver scatenato la sensibilità e l'audacia creativa di Simone, il quale, va detto, sosterrà una tournee nazionale ibrida, un pò musica, un po' teatro. Il suo cd ufficiale avrà allegato un dvd documento di un'ora e mezza per evidenziare problematiche sociali ed emarginati. Quanto c'è di strumentale dietro questa scelta? Quanto risulta credibile il cantante romano come autore impegnato? La sua immagine si può già distaccare da quella circense degli esordi? E poi, è davvero questa la "nuova" musica italiana? Sanremo ha illuminato la direzione di una nuova rotta, un ritorno al cantautorato impegnato? Buffoni, fuochi di paglia, o si fa sul serio? Ai posteri l'ardua sentenza. Per ora, bravo Cristicchi.
Elenco tracce e testi
01 Ti Regalerò Una Rosa (00:00)
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio… misurate le distanze
E guardate tra me e voi… chi è più pericoloso?
Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare
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