Un disco composto e suonato in uno stato di grazia. Uno dei pochi dischi che si identificano in un epoca, un suono, un mood ben definito. Solare, scintillante, tagliente. Tradotto, seppur retoricamente, in immagini efficaci nel video di "Glittering Prize", nel quale tutto (dai fondali, agli strumenti alle facce dei musicisti) è "dorato". E non per niente, sul retro della copertina, si legge un "made in Summer 82", proprio per identificarlo in una stagione particolare.

Un produttore, Peter Walsh, che cerca, anche manipolando direttamente il mixer, di "scupire" il suono, fino ad allora debitore verso certi stilemi a-la Kraftwerk, e renderlo più aperto, più dichiarato. Un uso finalmente sapiente dell'elettronica (Mike McNeill non è mai stato così padrone dei suoi sintetizzatori), un ammiccamento a ritmiche in 4 (l'apertura della title track, "New Gold Dream", è emblematica in tal senso...), un Charles Burchill che ricama in buon ordine, staccandosi dal clichè del "chitarrista rock", e sostituendosi molte volte ai fraseggi ricamati dalle tastiere.
Un altro elemento di indubbio valore sono i pattern creati al basso da un Derek Forbes mai così creativo (sicuramente un discepolo di scuole bassistiche tipo Percy Jones e del contemporaneo Mick Karn... certo uno dei bassisti più sottovalutati dell'intero pianeta rock): insieme al Prophet 5 di McNeill, le parti di basso sono quanto di più memorabile registrato in questo disco.
La voce di quel vecchio marpione di Kerr è volutamente lasciata quasi in background, o sicuramente al livello degli altri strumenti: effettatissima, lugubre e minacciosa, evocativa. Un piccolo esempio di come sfruttare bene le non eccelse qualità vocali.

Il resto? Un mucchio di buone e "classiche" canzoni, oramai non più etichettabili come "new wave" o elettro-pop, ma veri e propri classici senza tempo.
Abbagliante la cantabilità di "Promised you a miracle", nonostante una stranissima struttura compositiva; l'ondeggiante groove di "Big Sleep" (ovvero, come suonare il basso slap e non suonare in un gruppo funky...); il beat box stile disco che viene sopraffatto da un effluvio di tastiere nella title track "New Gold Dream", e la progressione che trasforma la canzone in un vero e proprio "inno" (ricordo un bootleg dove la stessa song veniva cantata a braccetto con... guarda un po', il solito Bono Vox!).

Ripeto, un disco in uno stato di grazia, dove quattro musicisti in piena maturità creativa s'incontrano, in una calda estate dell'82, in uno studio di registrazione, assecondati da un produttore attento, e tirano fuori un capolavoro pieno di gemme... scintillanti.

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