Da ‘Stay’ [2007] a ‘Blue Eyed Soul’ [2019] passando per ‘Big Love’ [2015], non ci ho più perso tempo.

Non mi piace chi fischietta sovrappensiero, non in termini di microsolco musicale. E gli ultimi lavori in studio dei Simply Red, e 'Simply Red' vuol dire Mick Hucknall, non hanno nulla da spartire con me.

Simply Red che hanno smesso di piacermi dal preciso istante in cui Mick non ha avuto più fame.

Nel 1985 Mick aveva fame, una fame del diavolo. Provate a coglierlo, in ‘Money’s Too Tight (To Mention)’, quando canta ‘…so I went to the bank…’, il modo in cui dice ‘bank...’, come aggredisce il vissuto.

Aveva fame, dicevo, anche in studio. Stewart Levine, il produttore scelto per l’album di debutto, ebbe il suo bel da fare a disciplinarlo, a rallentarlo, ad insegnargli come si approccia un microfono in sede di registrazione.

Il luogo comune, o meglio, il postulato, che i Simply Red fossero ‘Mick + la band’ fu subito chiaro a chi gravitava intorno al progetto.

Il sentore era unico e univoco: che voce, il cantante: pazzesca. Ma i brani ed il resto del gruppo ? C’era da lavorare.

Elliot Rashman, manager storico, Stewart Levine e lo stesso Hucknall si adoperarono per levigare, innestare, rinvigorire. Dave Fryman, chitarrista che peraltro ha un credito di stesura in ‘Red Box’, venne allontanato perché giudicato punto debole in un ruolo cruciale. Il sostituto venne reclutato dal notebook di Levine: Sylvan Richardson, affine al tipo di sound voluto dal produttore.

Holding Back The Years’ venne completamente ri – arrangiata. Anche qui, manager e produttore dovettero metterci del buono per convincere Mick, poco propenso a rivedere il proprio operato, un po’ per via del carattere altezzoso, un po’ per un orgoglio di fondo maledettamente insito.

Reclutato Richardson, il resto del nucleo venne confermato: Tony Bowers al basso, lo splendido Fritz Mcintyre alle tastiere, Chris Joyce alla batteria, Tim Kellet alla tromba.

Pietra angolare del progetto, la voce di Hucknall ammorbata dalle lussurrieggianti tastiere di Mcintyre. Levine, da par suo, rese ascoltabili e strutturati i brani precedentemente perfomati live dal gruppo, con evidenti lacune di sorta.

L’Elektra, succursale della Wea, si fece avanti per mettere sotto contratto il progetto.

I punti più alti dell’album risultarono essere il singolo apripista, ‘Moneys Too Tight (To Mention)’, cover dei Valentine Brothers, la title track che vanta un dna struggente e la jazz – fusion ‘Sad Old Red’. Ma a trainare il carro e a portarli al numero uno in America fu ‘Holding Back The Years’ la quale, ad oggi, rimane loro indissolubile marchio di fabbrica.

Poco impatto ebbero gli altri due singoli estratti, ‘Come To My Aid’, che apre il disco, ‘Jericho’ e 'Red Box'. In mercati selezionati venne anche realizzata una tiratura limitata di 'Love Fire'.

A posteriori, Hucknall e Levine hanno pareri contrastanti su ‘Picture Book’.

‘Suona troppo datato, troppo scarno. Alcuni brani, reinterpretati e rielaborati dal vito, rendono. Per il resto, faccio fatica ad ascoltarlo oggi’ sostiene il leader. Per contro, il manager, che lavorerà anche ad altri tre album, ‘A New Flame’ (1989), ‘Stars’ (1991) e ‘Life’ (1995) lo ritiene quanto di meglio mai realizzato con la band: fresco, potente, completo.

Chi vi scrive si colloca a metà strada. ‘Picture Book’ è un album solido, lineare. Annovera qualche punto debole: non mi convince la chitarra, troppo scarna, e l’approccio alla batteria eccessivamente scolastico.

Non a caso, in quello che per me ad oggi resta la loro pietra miliare (‘A New Flame’) Heitor TP andrà a sostiture Richardson, e per il pluridorato ‘Stars’ l’intuizione pazzesca fu piazzare Gota Yashiki alla batteria in luogo di Joyce.

La fame, dicevo, scinde l’uomo dalla bestia già solo perché il primo ha la facoltà di scegliere. Qui, Mick, è stato un po’ uomo e un po’ bestia. Ha scelto, e ha scelto bene. Ha addentato l’opportunità con ferocia, avendo l’accortezza di non farne brandelli.

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