Pensavo che un gruppetto sostanzialmente inutile come i Sirenia avesse già toccato (e raschiato minuziosamente) il fondo da un bel pezzo. Ma ormai lo sanno anche i paguri: "non c'è limite al peggio".

Che Morten Veland avesse iniziato a perdere visibilmente l'ispirazione dopo l'abbandono dei Tristania nel 2000 è un innegabile dato di fatto; il vero problema è che questo deterioramento artistico, messo in luce con la formazione del suo progetto personale Sirenia (santiddio, sarebbe stato meno ridicolo chiamarlo Cozze Gotiche SpA), perdura da un decennio abbondante. Una triste decade in cui, tuttavia, Morten ha saputo dar prova di una notevole verve compositiva, arrivando a sfornare puntualmente un disco ogni due anni, come da copione contrattuale. Facendo un calcolo elementare, quindi, con questo "The Enigma Of Life" (2011) il nostro infaticabile mestierante è giunto così alla quinta fatica (?) in studio.

Nuovi connotati in vista? Cambi di rotta in programma? Stravolgimenti in arrivo? Zero. Vuoto siderale. Immobilità statuaria. Nulla ontologico. La sola ed unica semi-differenza riscontrabile rispetto alle uscite precedenti è una maggiore propensione all'easy listening (scelta che in sè non ho mai voluto stigmatizzare) accompagnata da un ulteriore impoverimento compositivo, artistico, lirico e via dicendo. Insomma, riuscire a farsi un'idea di come suoni questo "The Enigma Of Life" è incredibilmente semplice: basta prendere i Sirenia con tutti i loro difetti annessi, elevarli al cubo e spalmare il risultato in circa sessanta minuti di album. La sostanza di base rimane sempre più invariata, sempre più avariata.

E questa sostanza prende così forma in un diabetico gothic-melo-pop, infarcito di orchestrazioni plasticose e bambinesche, cantato da una Cristina D'Avena molto molto alternativa in preda a melliflui vaneggiamenti puberali, e infine mascherato da insipide chitarrine soft-metal all'acqua di rose che, cercando di irrobustire il tutto, finiscono invece per dargli un tocco di rigor mortis. Parlare dei singoli brani è pressoché inutile: la pochezza di idee è totalizzante e non c'è spazio per i particolari rilevanti, men che meno per i colpi di genio. C'è la strofa. C'è il ritornello. Ci sono gli inserti orchestrali, un po' qui, un po' lì. Ci sono i cori gregoriani -e Morten, porco mondo, è da dieci anni che ce li propini ad ogni album manco fossero l'invenzione del secolo, hai fracassato la minkia, pucciateli nel latte a colazione e vedi di non ammorbarci più.

Menzione a parte la merita l'aspetto lirico-concettuale. Al giorno d'oggi il gothic metal è vittima di innumerevoli e imbarazzanti clichés, spesso dettati da mere esigenze commerciali, o più semplicemente dal dubbio spessore artistico dei musicisti: ecco, se proprio dovessi riassumere al meglio questa immane pagliacciata pseudoalternativa, "The Enigma Of Life" sarebbe il compendio perfetto; l'aspetto musicale si rispecchia in modo sorprendente nelle liriche, così assurdamente infantili e affettate da farmi sorgere più volte il dubbio che la penna dietro tutto ciò potesse essere la stessa dell'intima, elegante decadenza di "Widow's Weeds". Esempi?

(da "A Seaside Serenade")
"I wander lost and lonely by the shoreline of the sea
I think about the way I wanted life to be
The seaside leads me on to the sound of sweeping waves
My heart gets filled with sorrow and grief along the way"

(da "Fallen Angel")
"I've always felt so cold inside, clinging on to life
I've always felt at one with the night, fading deep inside
Winter winds are blowing through my life
Deep inside I know that I can run but I can't hide"

... ... ...
Morten, seriamente, ma chi vuoi prendere per il culo? Datti all'ippica.

Poi vado a riascoltarmi per la centomilionesima volta "Wildhoney", "Draconian Times", "Irreligious", "Turn Loose The Swans"... E mi chiedo con quale coraggio si possa presentare questa monnezza laccata come "gothic metal". Che vergogna.

 

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