Dopo due semi-capolavori hard rock come l'omonimo debut e "Slave to the grind", gli Skid row assoldano Bob Rock e si trasformano. Questo appare evidente sin dalle primissime note del disco: "My enemy" è come una mazzata nei denti e si fa fatica persino a riconoscere il gruppo. Una volta riusciti ad entrare nell'ottica del nuovo sound, il disco si fa apprezzare eccome: "Firesign", la title track, "Medicine jar", "Iron will", "Frozen" sorprendono per la durezza, "Bonehead" è quasi un pezzo punk e le ballate (da sempre l'asso nella manica degli Skid row) "Eileen", "Into another" e soprattutto il singolo "Breakin down", sono pezzi su cui i nostri si muovono in binari conosciuti e rodati.

Sebastian Bach è stato messo a freno da Bob Rock (lui stesso ha dichiarato che le litigate si sono sprecate in sede di registrazione), e i tempi veloci e duri lasciano poco spazio ai consueti vocalizzi a cui ci ha abituato, ma la sua prova rimane assolutamente sopra la media, così come quella del gruppo, nonostante si sia cimentato in un terreno in cui non si muove naturalmente.

La tracklist è assemblata con maestria e fa si che il disco scorra piacevolmente, alternando sfuriate simil punk-hardcore ad altri altrettanto pesanti ma cadenzati, senza tralasciare, ovviamente, le ballads. E' un peccato che questo sia l'ultimo capitolo degli Skid con Sebastian, visto che le carriere di entrambi sono andate male, o quantomeno molto al di sotto dei loro standard abituali.

Questo è un disco che ha più detrattori che ammiratori, e che ha fatto storcere il naso a chi ha sempre amato gli Skid row in versione hard rock ma a me è sempre piaciuto. Se cercate solamente un album in linea con i primi due dischi, potete anche fare a meno anche di ascoltarlo, se siete disposti a rischiare, fatelo.

Grandi Skid

Da ascoltare assolutamente: "Breakin down", "My enemy", "Iron will"
Skip song "Remains to be seen"

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