Nel 1988 esce "South of heaven" quarta fatica dei mitici Slayer, uno dei più grandi gruppi Thrash-Metal estremo Californiano.
Esso si differenzia, dai primi tre capolavori effettivi (Show no mercy, Hell awaits e Reign in blood) per canzoni dalla velocità sensibilmente meno elevata e perlopiù incentrate nella melodia, scelta voluta dai quattro per non creare le solite canzoni, ma generare nuovi prospettivi musicali sempre simili però al capolavoro uscito due anni prima, andando in parte contro ai desideri di gran parte dei fans, ma dimostrandosi capaci di suonare ottime mind-tempos contrariamente ai riffs superveloci dei precedenti lavori.

South of heaven è suonato dalla line-up più famosa:
Alla chitarra la coppia Jeff Hanneman-Kerry King crea riffs imponenti, Tom Araya al basso e alla voce si rende finalmente molto attivo nella creazione delle canzoni e mostra le sue grandi qualità canore che, anche con la scomparsa del falsetto e con il sempre più ridotto uso degli acuti sono indubbiamente buone ed infine quell'alieno megagalattico chiamato Dave Lombardo, per il quale ormai è inutile parlare.

Il disco si apre con la title track (che inizia con uno dei riffs considerati tra i più belli mai scritti dagli Slayer), canzone tra le loro migliori di sempre. A seguire troviamo "Silent scream", song che lascia senza fiato e dove Dave sfoggia le sue qualità di drummer e "Live undead" considerata molto poco dai fans ma secondo me pezzo di indubbio valore. Successivamente troviamo "Behind the crooked cross" una delle migliori dell'album per arrivare a "Mandatory suicide" che viene suonata dal vivo in ogni loro concerto. La sesta canzone che troviamo è "Ghosts of war" dove si riconosce ancora l'attitudine del combo californiano a creare songs veloci. Essa inizia su volumi bassi per procedere poi in una parte di violenza sonica degna del nome di questo gruppo.
Successivamente è il turno delle due canzoni più anonime:"Read between the lies" e "Cleanse the soul" non molto belle ma per niente da buttare. La prossima song è "Dissident Aggressor", cover dei mitici Judas priest. In fine troviamo l'assillante "Spill the blood", con un arpeggio che non sfigurerebbe per niente come colonna sonora di un film Thriller.

Da notare comunque il grande miglioramento dei testi, difatti i temi centrali non sono più banalità quali il satanismo, budella dappertutto o l'horror più schizzato. Il nazismo però appare ancora nella lyrics di "Behind the crooked cross", dove però gli Slayer dimostrano di non essere quei quattro nazistoni che sono stati accusati di essere da un gruppo di ignoranti (almeno per quanto riguarda Thomas Araya e Dave Lombardo)

Probabilmente questo album può dare la sensazione di incompletezza, ma nonostante ciò esso è sicuramente da considerare, anche se non il più grande, un masterpiece dell' ensemble californiano e del metal in generale.

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