Il 7 dicembre 2001 gli Slayer si esibiscono al Warfield Theatre di San Francisco, durante il tour di supporto all'album "God Hates Us All". La formazione presenta ancora dietro le pelli Paul Bostaph, che lascerà la band poco tempo dopo questa data, per lasciar spazio al ritorno del beneamato Dave Lombardo.

La registrazione audio, sebbene sia un live ufficiale, non è delle migliori, ed anche la regia è stata più volte criticata perché piena di veloci carrellate e tagli à la MTV; ma nonostante questo gli Slayer, alla soglia dei 40 anni, dimostrano per l'ennesima volta di essere una vera e propria macchina da guerra: alla batteria Bostaph si rivela (per l'ultima volta) un degno sostituto di Lombardo, alle chitarre l'inossidabile duo Hanneman-King macina senza sosta riff su riff e assoli su assoli, mentre Araya dà una prestazione non delle migliori, e questo è uno dei maggiori difetti di questo DVD live: praticamente Araya ha la voce distrutta, e visto che è dai tempi di "Undisputed Attitude" e "Diabolus in Musica" che urla, anche qua urla tutto il tempo, anche in passaggi dove la voce dovrebbe essere più calma. Ciò può dare una marcia in più alle canzoni: è il caso di "Die By The Sword", "Captor Of Sin" e "Chemical Warfare", rese molto più violente degli originali del 1983/84; ma rovina quasi completamente "South Of Heaven", "Seasons In The Abyss" (colpevolmente privata del meraviglioso intro, perché è messa in medley con il finale di "Raining Blood"), "Mandatory Suicide" e "Dead Skin Mask".

Se da un lato le canzoni vecchie non convincono del tutto, si rivelano invece devastanti tutte quelle del periodo post-"Seasons In The Abyss": da Divine Intervention" viene estratta la furiosissima "Dittohead", mentre da "Diabolus In Musica" viene scelta la mediocre "Stain Of Mind". Non possono ovviamente mancare pezzi di "God Hates Us All": l'accoppiata iniziale "Darkness Of Christ"-"Disciple" miete numerose vittime, e si rivelano anche all'altezza delle trecce in studio anche "New Faith", "Here Comes The Pain", "Bloodline" e "God Send Death". In chiusura non può mancare il loro inno: "Angel Of Death", durante la quale il pubblico letteralmente impazzisce (come poi durante tutto il concerto: spesso e volentieri si vede gente che praticamente passeggia sopra le teste degli astanti), dopo la quale finisce il concerto che testimonia la consueta violenza della band californiana nonostante l'età, nonostante alcuni difetti qua e là.

Consigliato ai fan di Araya & Co.

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