“Wildness”, settimo lavoro in studio dei nordirlandesi Snow Patrol, è stato il più complicato da assemblare per la band capitanata dal talentuoso Gary Lightbody.
Una brutta fase depressiva che ha colpito il leader della band, con conseguente blocco dello scrittore, ha provocato il gap più lungo tra un album e l’altro, gap allungato da qualche uscita in solitaria per il riccioluto frontman (principalmente con il supergruppo Tired Pony, in compagnia dell’ex R.E.M. Peter Buck). Adesso che tutto sembra tornato al proprio posto, è arrivato il momento di tirar fuori dalla naftalina lo storico marchio, ed il risultato è più che buono.
“Wildness” è un disco solido ed ispirato, il primo con Johnny McDaid (cantautore che aveva già collaborato con la band nel precedente “Fallen Empires”) come membro ufficiale, ed è prodotto da un vecchio volpone come Jacknife Lee (The Cars, U2, R.E.M. , The Killers tra gli altri), che co-firma anche tutte le musiche dell’album.
Le anime del nuovo lavoro sono sostanzialmente due: una marchiata a fuoco Snow Patrol, della quale fanno parte la bellissima opener e secondo singolo “Life On Earth” (ove una linea vocale prettamente remmiana esplode meravigliosamente in un’ariosa apertura melodica nel ritornello, accompagnata da una batteria marziale ed improvvise fiammate di archi), l’iperclassica “What If This Is All The Love You Ever Get?” (semplicissima, per piano e voce, perfetta per mettere a nudo il talento melodico ed espressivo di Lightbody) e la malinconica “Soon”, oltre alla sommessa e particolare chiusura “Life And Death”. Da segnalare l’ultimo singolo “Empress”, ultima (ed unica, in questo album) testimonianza del ficcante sound alt rock dei vecchi “Eyes Open” e “Final Straw”.
L’altra anima, invece, è quella più movimentata e squisitamente pop; in questo particolare terreno il percorso si fa più accidentato. Se “Heal Me”, infatti, arricchisce un impianto sonoro tipicamente alla Lightbody con un arrangiamento vario e colorato, altrove “A Dark Switch” spinge troppo l’acceleratore del kitsch e perde un po’ la bussola, mentre “A Youth Written In Fire” ha parziale successo nel richiamare le cose migliori degli ultimi U2. E’ comunque servito, con “Wild Horses”, l’ennesimo pezzo singalong perfetto per l’imminente tour del grande ritorno.
“Don’t Give In”, il lead single scelto per presentare l’album, ha fatto il suo sporco lavoro nel presentare al meglio l’anima di questi dieci pezzi; una via di mezzo tra novità (in questo preciso caso, uno squisito arrangiamento folkeggiante lievemente impreziosito dalla chitarra elettrica nel finale, oltre ad un nuovo registro vocale per Lightbody, più graffiante e grezzo) e classicità (l’inconfondibile trademark melodico della band nordirlandese).
Un buon ritorno. Sperando di non dover attendere altri sette lunghi anni.
Traccia migliore: What If This Is All The Love You Ever Get?
Elenco e tracce
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