Vacanza/campeggio ''Salva Italia''. Fine estate 2011.

Nella piazzola più o meno una ventina di individui. Alla reception siamo registrati in cinque. Tutto come da copione: cestoni dell'immondizia pienati solo con le bottiglie di birra e tutto il resto selvaggiamente a terra con un viavai di formiche che nemmeno al pic-nic di Pasquetta. Sveglia a mezzogiorno, cola-pranzo a base di schifezze da sintetica (i più previdenti avevano conservato le pizze avanzate dalla sera prima), poi sdraio, rigorosamente all'ombra.

Aspettando il caffè e soprattutto l'ammazzacaffè pomeridiano, dalle casse sgangherate della roulotte si sente arrivare una legnata che fa centro nell'atmosfera soporifera ed anestetizzata della gente. Risvegliati dal torpore, i pochi neuroni rimasti di alcuni presenti iniziano a domandarsi chi fossero questi misteriosi ceffi performanti che stavano invadendo le onde sonore psichelico-rockeggianti in cui stavamo fluttuando. ''Cazzo gli S.O.D.!'' - si sente esclamare dal cesso dietro la collinetta - Bersaglio centrato. ''March of the S.O.D.'' stava sconquassando le orecchie ai vicini ma nessuno aveva la forza di alzarsi per abbassare il volume o, al limite, metter su l'amatissima Cecchetto compilation.

Nel frattempo uno degli abitanti della baraccopoli meticolosamente allestita, il classico rompicoglioni che si professa fruitore del rock ''quello duro'' e poi canta a squarciagola ogni sillaba di Ligabue, sta ipnotizzando i presenti: ''Oh, ma insomma...il metal fa cagare! Ma alla stragrande! Il fatto è che tutti i miei amici erano degli sfigati. Zero figa tanto metal. Credo funzioni così dappertutto. Se non sei fighetto, se non vai all'oratorio come gli altri figli di finto comunisti e tante altre cazzate...(ruttino di circostanza)...insomma se sei uno a cui piace la musica può capitarti di passare l'adolescenza con una militia di metallari del cazzo!''. Il sasso è lanciato. ''Ma di cosa stai parlando? Te pensi davvero che solo i metallari siano l'antitesi della passera? Non sai quello che dici...io a Firenze, quando studiavo lì [...]''

Stranamente l'argomento non mi interessa. Le note da me pressochè dimenticate di quei pazzoidi a stelle e strisce mi avevano fatto entrare in una dimensione parallela inopinata (o forse era solo colpa delle tacos aglio, cipolla e salsa chili) e la mia mente viaggiava senza freni...

...certo che Billy Milano è veramente un ciccione. Chissà cosa cazzo sta facendo adesso ma resta il fatto che è un super ciccione. Un ammasso di lardo che ha praticamente litigato con tutto il mondo e che ai concerti si lanciava dalle torri d'amplificazione direttamente sul pubblico. I suoi erano gli unici concerti nei quali chi arrivava per ultimo si piazzava in prima fila con tanto di caschetto anti-sommossa gentilmente concesso dal locale. Io spero che nel frattempo sia dimagrito; lo dico per lui. Schiantarsi al suolo a quattro di spade da tre metri una sera sì e l'altra pure non è che sia proprio il massimo; anche il dottor Veronesi la pensa come me. Billy il panzone, ovvero il cantante di una manica di minchioni che passava i pomeriggi a suonare un metalluzzo thrashoso, senza troppi fronzoli e assai bestemmiaro. Il loro debutto arrivò nel pieno degli '80 come un fulmine a ciel sereno: c'era dentro il metal e qualche scoria di hardcore punk, c'era Dan Lilker (poi fondatore dei Brutal Truth) e c'erano anche Benante e Scott Ian degli Anthrax. Insomma la creme de la creme dei cazzoni di New York ma Ian li batteva tutti grazie alla scritta NOT che si era fatto depilare sui peli del petto. Tamarrissima. Quattro balordi che misero su un progetto per gioco e che crearono un mostro della musica estrema: ''Speak English or Die''.

E poi c'era il ''Live at Budokan'', uscito nel 1992 e registrato al Ritz di New York (da qualche parte a casa dovrei ancora avere il VHS), ossia la devastante testimonianza della resa live di quei 22 pezzi, uno più demente dell'altro. Roba da far sobbalzare le chiappe anche ai malati di emorroidi. Con sul palco quattro cabarettisti più che quattro musicisti andava in scena la riproposizione dei testi provocatoriamente razzisti (''Speak English or Die''), politicamente ultrascorretti (''Fuck The Middle East'') che avevano fatto la fortuna dei nostri 7 anni prima; versioni accelerate e brillanti di ''Milk'', ''Sargent D'' e ''Kill Yourself'' inframezzate da cover dei Ministry, dei M.O.D. ed a quella ''Territorial Pissings'' dei Nirvana (dove Benante e Ian si scambiano gli strumenti) suonata, va da sè, infinitamente meglio dell'originale.

Chitarre veloci, batteria tupa tupa, demenzialità à go go, pezzi ignoranti al punto giusto e tante, tante risate. Questo erano gli S.O.D. dal vivo. E questi 50 minuti qui non erano altro che la pura esaltazione della cazzata, con dietro il microfono un performer assolutamente ciccione...

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