Con l'approdo alla EMI-Cityslang i Sophìa propongono un album ("People Are Like Seasons"), un sound, più duro, tagliente, rock, e financo un artwork (la copertina dell'album richiama stilisticamente quella di "Scenes From The Second Storey") che non possono lasciare indifferenti gli ascoltatori che si erano innamorati del Sophìa sound di albums di matrice maggiormente americana e poetica lennon-iana ("Fixed Water") o europea-slow core ("The Infinite Circle").
E il sospetto della spinta verso una non più direction(less) è forte, soprattutto in brani come "If Something Is Gonna Come" (Noise-Core/River Song/Dinosaur...?) "Darkness (Another Shade In Your Black)" (sound industrial con le inflessioni ritmiche di Bristol e ipereffetti vocali) e addirittura "Desert Song N.2" (stile: post-rock mogwaiiano, titolo: smaccatamente God Machine); in questa collezione di brani che globalmente comunque ridefiniscono la dimensione stilistica del progetto di Robin Proper-Sheppard spicca il singolo battistrada "Oh My Love" (sarà seguito da "Holidays Are Nice" e dalla citata "Desert Song N.2", che in alcuni casi lo precederà).
Del pezzo di cui si è tratto il primo video ufficiale dei Sophìa si è già detto molto: "rock amaro", "una perfetta lovesong alla dEUS", "un pezzo dall'incedere che non lascia spazi, basso incalzante alla God Machine e riff micidiale", lucidamente(Kosmogabri) "una canzone che ferisce l'anima e fa male" su DeBaser.it: al di là dei confini dell'autenticità va riconosciuta l'efficacia di un piccolo classico.
Tuttavia questo EP avrebbe un valore circoscritto alla sola "Oh My Love" se non fosse per i retri: "Genius", più pacata, compare in un formato leggermente diverso rispetto alla raccolta "Collection:One", "I Hope I'm Not Falling In Love With You" è una cover di Tom Waits che quindi incanala Proper all'interno dell'asse Cave-Cohen-Waits (pur essendo la sua voce più alta, con timbrica memore di Perry Farrell), che dimostra come già in "Jealous Guy" quanto i Sophia sappiano fare loro canzoni altrui senza snaturarne l'essenza, il che equivale a spettacolari qualità interpretative; ma è un altro il gioiello assoluto per il quale vale la pena di possedere questo EP, vale a dire "Someday", un gioiello inestimabile quanto sfuggente ad un ascolto distratto, una partitura per chitarra acustica, archi e keyboards, che acquista ancora più valore in quanto riconnette come già in "Bastards" e "Technology Won't Save Us" l'esperienza dei Sophìa a quella degli inventori della Cattedrale dei Suoni God Machine, in questo caso innestandosi sul lato più intimista della loro opera ("Purity","The Train Song", "Seven").
Un pezzo stupendo, incredibilmente non pubblicato sull'album, ma va bene così... il piacere della scoperta di simili gioielli nascosti non ha eguali.
H.B.
Carico i commenti... con calma