Sopor re-inventa il Medioevo. Analizza e sperimenta in continuazione, e nelle sue composizioni vi è l'eco dello spirito che permea il pensiero medievale e rinascimentale: l'ordine che ingloba in sé caos e varianti racchiudendoli in un disegno superiore.

Gli strumenti che utilizza sono trombe, flauti, violini e vari tipi di chitarra, accompagnati a volte dal sintetizzatore e da vere percussioni: con questi e col cantato crea atmosfere ora solenni, ora soavi e intensamente malinconiche.

"Sonno Eterno" si riferisce a una band costituita da un individuo al quale solo recentemente si è aggiunto un batterista in carne ed ossa. Si tratta di un tedesco il cui unico nome conosciuto è quello che ha coniato per se stesso in seguito al desiderio di diventare donna, Anna-Varney Cantodea. Come risulta da una sua intervista, tuttavia, la sua aspirazione è sfociata in un innocuo ritocco digitale all'immagine di sé che compare sulla copertina dell'album "Es Reiten Die Toten So Schnell" del 2003, dove intende presentarsi privo degli attributi maschili. Ma non si è operato, e meno male! Perché a mio parere ha la voce più calda, sensuale e mascolina da quando è morto Jim Morrison. Voce che usa a volte in modo naturale, ma che in molti pezzi mette al servizio di un recitato in musica dai toni esacerbati che in certi casi aggiungono interesse e intensità al brano, mentre in altri sono talmente grotteschi da diventare irritanti.

E qui vengo al punto centrale della mia dissertaz. . . cioè, volevo dire recensione. . . e mi si perdoni se per farlo allargo il discorso a diversi album di questo complesso personaggio. Tengo infatti a sottolineare che considero la vasta produzione di S. A. diversissima per qualità. Se i brani fossero tutti come quelli che considero capolavori, cioè Va(r)itas Vanitas in questo "Dead Lovers' Sarabande Face 2", o, dello stesso album, No One is There, oppure Never Trust the Obvious dell'album "The Inexperienced Spiral Traveller", o Lament e The Sleeper di "Dead Lovers' Face One", altro che 5 stelle! Ci dovrebbe essere il modo di darne almeno 27! Ma le perle, nel caso di Anna Varney, sono rare, e tra i 12 album usciti dal 1989 a ora ne ho scoperte al massimo una decina. La bontà dei suoi pezzi varia molto di più che nel caso di tanti altri gruppi medieval/gothic/folk. Uno vuole sapere se gli piaceranno i Dargaard, i Verbannten Kinder Evas, gli Avrigus, i Gothica, gli Ophelia's Dream, i Trobar de Morte, per citarne alcuni? Basterà che senta due o tre tracce di un loro album e avrà un'idea del grado di compatibilità con i suoi gusti. Non è così con S. A.
Quando mi accingo ad ascoltare un album per la prima volta sono trepidante sapendo che ci saranno dei brani belli, altri mediocri e probabilmente qualcuno inascoltabile, e sperando di trovare quello la cui bellezza unica ha fatto valer la pena acquistarlo. E' come se comprassi uno scatolone pieno di vestiti senza vederli prima per scoprire che molti sono carini, altri passabili o insignificanti, altri assolutamente ridicoli... ma un paio sono i vestiti più perfetti che abbia mai indossato, e allora sì che sono stati soldi ben spesi!

Venendo a "Dead Lovers' Sarabande Face Two", la traccia numero 6, che dura oltre nove minuti e si intitola Vanitas Va(r)nitas è la mia preferita. Squilli di tromba aprono il brano con un refrain potente e cadenzato, interrotto sorprendentemente dal sintetizzatore che separa la melodia dal secondo stupendo refrain con le trombe. Ed ecco i violini che formano la variante sul quale si innesta una terza melodia che si sovrappone a quella precedente in maniera armonica come le voci di un coro che si complimentino a vicenda. Si torna al refrain originale, questa volta eseguito con il flauto e il cui ritmo è marcato dal violino, sul quale si inseriscono in successione lo xilofono in maniera dolcissima, e poi la discreta batteria. Parte il cantato, in tedesco: "Le ossa bruciano a 760 gradi...". Seguono una serie di varianti sulla melodia, l'introduzione dei tamburelli, il cantato con voce naturale, calda e profonda, un ritornello festoso che fa immaginare l'atmosfera gioconda di una sagra di paese medievale, e poi si ritorna al potente refrain iniziale suonato con la tromba e ripetuto con poche variazioni molte volte e che si conclude con una piccola coda dissonante.

La traccia n. 4 , intitolata No One is There è molto diversa ma ugualmente bella nella sua struggente malinconia. La melodia è una sola ed è introdotta dal pizzicato della chitarra, seguita dalla voce tristissima e modulata di Anna Varney. Il cantato è intervallato dal suono del flauto e dello xilofono, e più tardi dal violino, che ripetono la melodia. La desolazione è palpabile in questo brano cantato in inglese che recita : "No, non parlo più, e cosa potrei dire? Dal momento che non c'è nessuno, non c'è niente da dire... Vorrei parlare, condividere cose, ma non c'è speranza, non c'è nessuno qui... There is no-one, and no-one is there" Le parole si riferiscono all'esperienza di isolamento dal mondo fatta da Anna Varney, rinchiuso per due anni nella sua stanza, al buio e con il rischio di perdere la vista, senza comunicare con il prossimo.

Certo, se inviti a cena gli amici non metterai un cd di Sopor per sottofondo più che non metteresti il "Dies Irae" del Requiem di Verdi ( nel rispetto per la superiorità di quest'ultimo ). Se sprizzi di buonumore e intendi conservarlo, l'ascolto di S. A non è indicato. Se è vero che i confini tra dolore e piacere sono incerti, il tipo di piacere che deriva da questo tipo di musica presuppone la partecipazione emotiva al dolore dell'artista. Dolore che si materializza quasi nelle frasi musicali dense di pathos e nel cantato sofferto e a volte singhiozzante. Come scritto da mementomori nella sua recensione a Songs from the Inverted Womb, l'ascolto diventa "una sorta di transfert del dolore nel dolore" che ha l' intensità di una seduta psicanalitica. A me i brani succitati prendono direttamente alle viscere, passando a malapena dalle orecchie!

Per finire, un accenno ai testi. Con qualche eccezione, come ad esempio l'autobiografica No One is There di questo album, molti elementi e tematiche comuni al gothic dark, cimiteri, scheletri, desiderio di morte, sono presentati con un gusto macabro crudo, nordico. Per esempio:

Death and decay, cadaverous smell,
for us there's neither heaven, nor is there a hell,
and only the stigmata could be able to betray
the sombre existence of the former days.

Questi versi mi rimandano al modello delle poesie ottocentesche ma peccano di una certa elementarità. La morbosità di S. A. può risultare pesante e fastidiosa alla lunga, tuttavia bisogna riconoscere che i testi si inseriscono logicamente in un tipo di produzione che privilegia un gusto estremo e comprende teatralità, grafica, musica e parole.

L'essere che va sotto il nome di Anna Varney ti regala la sua sofferenza componendo brani che sottintendono preparazione e grande cultura musicale. Ti invita a far rispecchiare la tua tristezza nella sua musica così come un pittore ti invita ad entrare con l'anima nel quadro che ha dipinto.

Lunga vita a Sopor Aeternus! (E nun morì come ha fatto Jim!)

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