I fucking Dewaele Brothers sono cresciuti a pane e musica. Me li immagino, piccoli piccoli, Stefan e David, sommersi dalle migliaia di vinili del padre Zaki (un guru della radio belga), che sorridenti mordicchiano la copertina del White Album e piegano in due il disco dei Can...
Ora sono qui sul palco davanti a me, Stefan e David coi loro Soulwax, e mi sa che il sorriso è proprio lo stesso, mentre inondano di decibel il Rolling Stone.
Il loro sound, dal vivo, è proprio come mi aspettavo, saturo di elettricità e silicio. Ciò che non mi aspettavo invece è la bravura di Stefan al microfono; la sua voce tirata ed espressiva, che ricorda non poco i sapori di Anversa (loro sono di appena più in là: Gent), riesce a riempire anche i momenti un po' vuoti dello show, che guarda caso corrispondono ai pezzi dell'ultimo album, Any Minute Now.
Sì, perché dopo l'esperienza come 2 Many Dj's si vede eccome che un pezzo di cuore i fratellini lo hanno lasciato lì, sul dance-floor. L'alienante scenografia a righe bicolori lo lascia intuire, e i make-up "eighties" dei brani lo gridano in faccia a tutti, ma - ahimè - non ci resta dentro niente; i Depeche Mode, pur citatissimi, non sarebbero certo contenti.
Meglio i pezzi vecchi: il sano (strano?) energico lagna-rock dei tempi di Much Against Everyone's Advice viene fuori dalla chitarra di David (Conversation Intercom su tutte) con molta più personalità rispetto ai mille strati di rumori che vengono fuori dalla sua "magic box" sputa-effetti (l'eccezione prende il nome di Slowdance e suona come i Chemical Brothers dovrebbero fare adesso...).
Morale: i fucking Dewaele Brothers, cresciuti a pane e musica, ne hanno di stoffa da vendere; ed è una stoffa molto più colorata di quella che volevano venderci durante i 50 minuti scarsi del concerto.
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