Ma quanto sono belle tutte queste bande, come Sparrowhawk, che nascono e suonano oggi come se non volessero fare altro che urlare il loro amore fragoroso per tutte quelle bande che stavano sulla scena 30 o 40 anni fa e che per un qualche strano scherzo del destino hanno attraversato la loro strada e cambiato la loro vita.
Perché di bello c’è pure questo, che mi compro l’album di questa sconosciuta Sparrowhawk – da Minneapolis, Johnny e Marty chitarra e voce, Zach, basso e voce, Damien batteria – e oltre a regalarmi una quarantina di minuti di sano divertimento, poi mi precipito a ritirare fuori dalla discoteca “Jailbreak” di Thin Lizzy e “Bloodbrothers” di Dictators.
Ecco, Sparrowhawk è solo e soltanto questo, la buonanima Phil Lynnott e compagni stanati ovunque siano e rimessi su quelle assi per regalarmi oggi una caterva di ottime sensazioni, come fosse il 1971 o il 1981 e invece è il 2023 ed è un’illusione tanto rara che me la tengo molto ben stretta.
Poi, se di Thin Lizzy ho sempre letto che è hard da prendere colle molle, per via del tanto blues e soul e perfino folk che ci sta in mezzo, di Sparrowhawk mi limito a dire che è tanto Thin Lizzy da prendere colle molle per il tanto punk che ci sta in mezzo: e se è vero che il punk è morto quando i fantastici quattro dello Scontro hanno messo una firma in calce a tre paginette marchiate CBS, allora ai tempi gli eroi locali si chiamavano Dogs e Suicide Commandos, Gizmos e Mentally Ill e chi se li ricorda è solo perché ci suonava lui o il fratello.
Probabile non se ne ricordi neppure Sparrowhawk e sarà per questo che a me ricorda, per una qualche suggestione che non so dire e sempre colle molle lì a portata di mano, certi frangenti di Dropkick Murphys e Rancid.
Anche se poi nell’album ci sta una “Stay With Me” bella, commovente e da brividoni persistenti in tutto il corpo: insomma, niente Mentally Ill, neppure Rancid, solo Dictators, sempre per urlare a pieni polmoni quel grazie: bella forza, dici, “Stay With Me” un capolavoro di canzone lo è sempre stata; ovvio, però i capolavori bisogna saperli maneggiare bene, sennò li sfregi e poi che la peste ti colga.
Ora, “Stay With Me” basta e avanza per giustificare gli eurini buttati per questo “Sparrowhawk” ma tutto il resto del programma vale altrettanto, in qualche caso pure di più, come per le bellissime “You Can’t Stop Tomorrow”, “Hero Of Our Time” e “Flower Of Youth”: insomma, 12 brani, 37 minuti e nemmeno una nota e un secondo di cui farei a meno.
E dato che Amy sembra avere altro per la testa che fare un disco, la butto là: disco dell’anno.
La faccio finita e metto sul piatto “Jailbreak” e “Bloodbrothers” a ruota.
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