Il disco che gli Spectres hanno pubblicato lo scorso anno non mi entusiasmò particolarmente. Sì, tutto sommato mi era piaciuto e ricordo anche di averne scritto positivamente come un nuovo capitolo nella storia della musica shoegaze e con ovvi rimandi ai maestri My Bloody Valentine, ma come una band che in alcune canzoni come 'The Sky Of All Places' e 'Family' suonava come i Black Rebel Motorcycle Club suonati alla velocità della luce e come le lunghe session noise di 'The Purgatory' e 'Sea of Trees' fossero una specie di rito esorcistico e con il quale oltrepassando ogni barriera nel suono gli Spectres superavano la morte e nel segno di una rinascita e di una specie di rinnovamento.

Può un disco di remix suonare meglio e in qualche maniera completare un'opera originale? Sulla spaventosa copertina di 'Dying' era raffigurato quest'uomo mentre affogava, mentre annaspava lottando contro la natura per cercare di rimanere vivo, prima di finire soffocato. In pratica stava morendo. Quindi il titolo di questa nuova release (via Sonic Cathedral) non poteva che essere 'Dead', che poi appunto sarebbe la versione remixata di 'Dying' e non solo. I membri degli Spectres e la band nel suo intero sono infatti coinvolti in una moltitudine di progetti e considerano quindi la loro musica come qualche cosa di aperto e che come tale vada vista in quello che è un contesto più ampio del semplice ascolto. Quindi questo non è solo semplicemente un disco di remix, ma proprio e anche per tutte queste ragioni, il sequel inevitabile del disco originale. Quello che succede dopo.

Coinvolti nel progetto ci sono un sacco di artisti. Ogni remix è infatti opera di un musicista differente e ognuno di questi dà al progetto quello che è possibilmente il proprio contributo personale e cercando allo stesso tempo di agire all'interno di un contesto tale da dare all'opera comunque un significato unico. Il risultato è sicuramente riuscito a mio parere, perché il disco resta comunque un lavoro unico e compatto, in cui possiamo comunque sentire una certa sequenzialità e correlazione tra le diverse tracce. Paradossalmente risulterebbe anche essere più compatto e più ascoltabile del disco originale, che come detto a tratti era pure volutamente ai limiti dell'inascoltabile per il furore noise dimostrato in certi frangenti.

Sono diversi, allora, quelli che hanno dato un loro contributo. Inutile stare qui a menzionarli tutti. Basti comunque accennare che ognuno di questi viene in qualche modo da una differente realtà musicale e offre comunque il suo contributo per quello che è il suo bagaglio di esperienze e la propria attitudine. Gli episodi meglio riusciti sono secondo me quello che hanno fatto gli Hookworms con 'The Sky Of All Places' e Andy Bell (Ride) con 'Sea of Trees', senza dubbio i migliori episodi del disco. Robert Hampson dei Loop rende una canzone già difficile come 'Mirror' ancora più noise e disturbante della versione originale, i Factory Floor rendono 'Sink' una specie di danza ipnotica dubstep, mentre 'This Purgatory' revisionata dai Blood Music suona come una traccia techno brutale e tagliente come il metallo, mentre nella versione di Stuart Braithwaite (Mogwai) apre con una attitudine quasi Joy Division (impossibile non pensare ad 'Atmosphere') prima di aprirsi in tipiche esplosioni e divagazioni post-rock.

Così a quanto pare c'è una vita dopo la morte. Perché no. Perlomeno voglio crederlo. Sicuramente ci sono un mucchio di fantasmi e di spettri che ci girano attorno e ci si infilano fin dentro all'anima e che così in qualche modo compiono una specie di rinnovamento e cambiamento all'interno di noi stessi e di quello che siamo. Gli Spectres per conto loro probabilmente non cantano esattamente di redenzione e di resurrezione, ma quello che sappiamo per certo è che l'uomo sulla copertina di 'Dying' alla fine è passato a miglior vita, per usare un eufemismo, eppure siamo ancora qui un anno dopo a parlare di lui. Possa la sua anima riposare in pace allora e possano i demoni che sono dentro e fuori di noi proteggerci dai nostri peccati. Amen.

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