Argento, voce e penna dei liguri Spite Estreme Wing, è il più grande intellettuale della scena estrema italiana: o almeno a lui piace pensare che sia così. Testi, interviste e dichiarazioni ci suggeriscono proprio il contrario, ma a noi piace credergli, e seguendo i suoi fini monologhi, concordiamo con Paolo Vidmar (della rivista Grind Zone) giudicando Non Ducor, Duco "un album che rimarrà negli annali per varie ragioni".

In quel disco il buon Argento operava la tanto agognata sintesi tra il "Tradizionalismo esoterico" e "Combattentismo nazionale rivoluzionario", sperimentando in musica il vero e puro "Archeofuturismo" (ovviamente i virgolettati sono suoi).

Grazie a quel disco ed alle interviste promozionali ora sappiamo finalmente che "se il Cristianesimo non avesse vinto, la maggior parte d'Europa venererebbe Mitra" e che "Qui non si tratta di voltarsi da una parte e dall'altra in un letto d'agonia, ma di svegliarsi e di levarsi in piedi! SI SPIRITUS PRO NOBIS, QUIS CONTRA NOS?"

Prima di diventare un pensatore di tale spessore, il nostro Argento portava avanti due progetti paralleli: pubblicava due dischi con la gore-metal band degli Antropofagus (geniali!), e scriveva una ventina di canzoni per questo progetto black metal, Spite Estreme Wing: la maggior parte di queste finiranno su questo "Magnificat", le rimanenti, reincise in una chiesa romanica con una vaga patina death, andranno a comporre il recente "Kosmokrator (Magnificat pt. 2)".

"Magnificat" non è il disco più coerente e coeso, composto com'è di canzoni registrate in sessioni diverse, con produzioni e missaggio diversi; non è neanche il suo migliore, palma che spetta probabilmente al terzo "Kosmokrator": ma proviene da un periodo in cui la penna di Argento era in stato di grazia, partorendo capitoli tra i migliori della sua discografia; in questo primo disco manca ogni intellettualismo, ogni tentativo di indottrinare l'ascoltatore, ogni speculazione simil-filosofica.

Lo stile del gruppo si mantiene saldamente in campo scandinavo, data la predilezione del leader verso questa scena: da una parte le canzoni hanno quell'incedere melodico e maestoso di molto black norvegese, sospeso tra sogno e realtà, dall'altra la sezione ritmica, la ruvidità chitarristica ed un certo approccio violento portano il gruppo a schierarsi anche nel filone svedese: ne risulta uno stile composito, per nulla originale, ma fondamentalmente riuscito ed accattivante, reso più coinvolgente dall'alto livello tecnico dei musicisti (Rigel alla batteria ed Azoth al basso e tastiere, oltre ad argento, voce e chitarra).

Ciò che potrebbe rendere più difficile l'ascolto è la frammentazione del disco a livello delle registrazioni: il disco, uscito nel 2003 si compone essenzialmente di 4 sezioni, registrate in altrettanti momenti diversi. La migliore è senza dubbio quella iniziale (proveniente dal secondo demo "Arcano Incanto"): dopo una suggestiva introduzione ("L'Inizio") si passa al trittico "Acqua di fonte di gloria - La stirpe Divina - Reminiscenza di illusione lunare...", una delle 3-4 cose migliori che la musica estrema abbia prodotto in Italia da almeno dieci anni a questa parte: le sfumature melodiche rendono questi tre brani, cantati in italiano, qualcosa di particolarmente coinvolgente, unico e significativo. Mi sembra inutile la svolta bellica che ha intrapreso la musica degli SEW con "Non Ducor, Duco" dato che in queste tre song è racchiusa tutta l'epica di cui si ha bisogno, non una nota in meno.

I brani dalle altre sezioni si mantengono sulle stesse coordinate, estremizzando se possibile la proposta, più veloce, brutale, raw. Ma a colpire sono anche le pause melodiche, affidate a brani interamente strumentali come "La favola di Ermafrodito (parte I)", gioiello acustico, e "Viaggio di ritorno", lunga suite tastieristica, tra suggestioni burzumiane e momenti più riflessivi e caldi. Questa alternanza tra black metal e momenti più intimisti potrebbe essere a ragione catalogata come Occult black metal, il sottogenere meno rappresentato nella storia della musica estrema, di cui gli SEW sono forse i rappresentanti più autorevoli.

Un disco fondamentale per capire l'evoluzione della scena italiana.

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