Dopo tre dischi che hanno lasciato il segno nel Black Metal italiano, nel 2008, Argento e i suoi hanno firmato un magnifico testamento sonoro intitolato “Vltra”, ultimo passo del percorso targato Spite Extreme Wing, i quali scelgono di abbandonare la scena musicale dopo aver lasciato ai posteri un album che segna il momento più alto della loro carriera e del Black Metal tricolore in generale.
Argento, in fatto di scelte stilistiche, è sempre stato un appassionato di riverberi naturali e suoni ricercati d’ogni sorta e anche in “Vltra” la sua “ricerca del suono adatto” non è stata da meno. Questa volta il sound generale del disco è orientato verso delle sonorità puramente settantiane ottenute grazie alla strumentazione utilizzata durante le registrazioni, in particolare: una batteria Roland Space Echo Re-201 del 1973 (alla quale non sono stati applicati trigger), un Mellotron M-400 del 1971, utilizzato per le registrazioni della tastiera e una testata di chitarra Orange OR 120 del 1969. Trovo curioso parlare di suoni classici di questo tipo riguardati una band Black Metal, ma quando si parla di Spite Extreme Wing tutto prende un’altra forma, tutto è fuori da qualsiasi schema stilistico e tutto prende un aspetto tremendamente coerente.
“Vltra” è uno splendido viaggio tra dieci brani emozionati, dieci perle splendidamente composte che raccontano di viaggi, di guerra e d’amore, di lontananza e di saggezza di territori ostili e di patria. Proprio nei testi sognanti sta il punto forza principale della band, parole in lingua italiana, ispirate chiaramente alla mitologia ellenica fanno scoprire un modo visionario in cui la lontananza dalla madre patria è la chiave di volta che sblocca l’intero concetto del disco. Sarebbe impossibile comprendere un album come questo a sezioni, ascoltando un brano qui e uno lì, “Vltra” è come un romanzo, va letto dall’inizio alla fine senza saltare neppure una riga, solo in questo modo è possibile comprenderlo, non è un album semplice, è un album complesso, controverso, non segue una linea retta, ma va a delineare un puzzle in cui ogni tassello è fondamentale per avere una visione d’insieme. Gli Spite Extreme Wing in quest’album osano e si sbizzarriscono, inseriscono canti a tenore sardi nell’intro, reinterpretano “Devillock” dei Misfits, compongono un brano come “VII” ispirato da “Le Nozze di Filologia e Mercurio” di Maurizio Capella in cui divagano in sonorità puramente progressive per poi sfociare in una furia devastante ed infine come brano conclusivo coverizzano “Helter Skelter” dei Beatles con alla voce Herr Moribd dei Forgotte Tomb che già da anni ha dimostrato una spiccata attitudine per i classici del Rock. Insomma “Vltra” è un album ad altissimi livelli, non per l’osare in se per se, ma per il semplice fatto che tutto ciò è coerente nel delineare un unico profilo, tutto ciò va a costruire il suddetto puzzle in maniera perfetta.
Quest’album è un capolavoro, spendere altre parole sarebbe superfluo.
“Ed io, pur ammirando l’armonia delle sfere volgevo di tanto in tanto lo sguardo alla terra” [MARCVS TVLLIVS CICERO]
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