Avete mai giudicato un disco dalla copertina? Io sì e mi è andata pure bene! Nel 1995 ravanando tra gli scaffali lignei del rivenditore affossato in una buia caverna, che in questi tempi moderni definiremmo sottoscala, mi capitò tra le mani questo vinile con la copertina apribile che mi fece trasalire. Simile all'art work del grande Marcus Keef per i dischi Vertigo (avete presente quello degli Affinity?) e con un'etichetta italiana dal nome che era tutto un programma, una filosofia e una religione: Black Widow. Alle mie domande il dischivendolo mi spiegò: "Trattasi di gruppo toscano che fa progressive ma di quello duro, hai presente i Quatermass o gli Atomic Rooster?".

Certo che li avevo presente, e con la mia solita frase scaramantica (che Dio me la mandi possibilmente... bona) uscii dall'antro umido con l'allora ingombrante fardello sotto il braccio, con la paura di essermi sciroppato i soliti stanchi scassamarroni tipo la PFM degli anni novanta.

Ma una volta a casa, appoggiata la puntina sui solchi, per poco non mi venne un colpo: un miracolo mi riportava anni addietro, quando il progressive non era una cosa moscia edulcorata da arrangiamenti pomposi e tronfi. L'organo Hammond di Michele Profeti in "Dream Love Sequence nr. 9" mi aprì davanti agli occhi vecchi e nuovi orizzonti, la voce virile del cantato in inglese del batterista Daniele Caputo mi rassicurava sull'acquisto, le aperture di quell'altra scatola magica del genere, il mellotron, e il finale con l'assolo lancinante della chitarra di Stefano Bauer riportavano tutto a casa. E'un disco dedicato a Vincent Crane, gran cerimoniere dell'organo Hammond nei mitici Atomic Rooster, suicidatosi il giorno di San Valentino del 1989 e, credetemi, non c'era un modo migliore per onorarlo.

Tra il buio e la luce, le gemme sbocciano l'una dopo l'altra: "One Strange December" è aperta dal mellotron e dopo l'intro parlato di Daniele si allarga in un riff sabbatiano e fughe di tastiere dinamiche per concludersi con un arpeggio di chitarra elettrica che è come un unguento per calmare la carne straziata, ma non è altro che un omaggio al guitar hero Ronnie Montrose di "Synesthesia" (su "Territory", disco del 1986).

Ma forse il mio brano preferito è "Charge of The Light Brigade", uno strumentale sospeso tra i Nice di Keith Emerson e i Quatermass, con una prova corale dei quattro bravi musicisti da far godere come dei ricci: la carica dell'Hammond di Profeti è sorretta dalla robusta ritmica e dalle incursioni della chitarra di Stefano Bauer, che purtoppo all'epoca della pubblicazione del disco già non faceva più parte della compagnia. Da strofinarsi gli occhi per controllare se si è desti oppure è un sogno.

Fortunamente è realtà e non resta che perdersi nell'epica "As I Wandered Black River of Sorrow" oppure nello strumentale "Tolerance Town", il riff di chitarra è zeppeliniano ma le tastiere danno al brano una brusca sterzata psichedelica. A proposito dei Led Zeppelin, c'è una versione di "In My Time of Dying" che in comune ha solo il testo, perché Caputo e compagnia, pur mantenendone la struttura hard, la inondano di progressive a manetta per poi ritornare al riff heavy fino a spiazzarci con il finale di chitarra acustica.

Durante gli anni novanta il vessillo nero degli Standarte continuerà a sventolare con altri due ottimi dischi: "Curses and Invocations" e "Stimmung". La perdita della chitarra aprirà la strada al trionfo delle tastiere: organo hammond, moog, harpsicord, mellotron, lo strumento principe del progressive, "imbracciato" anche dal bassista Stefano Gabbani.

Gli Standarte: così vicini... così lontani!

 

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