"Chi siamo? Cosa facciamo? Che significato ha la Vita? Dove stiamo andando? E soprattutto ci sarà posto?" (cit.)

Sull'incertezza.

Tutto nasce, questa Estate, con il fly-by della sonda New Horizons su Plutone e le varie diatribe sull'utilità di usare fondi per simili missioni. Come di solito capita, in Italia, il parere che ha avuto più clamore è stato quello di un non esperto nel settore e cioè quello di un famoso attore napoletano che, sibillino, si è pure prodigato in un Off-Topic di sociologia spiccia che è ben evidente nella frase (citata pari, pari): "E infine vorrei dire a tutti quei ragazzi che incontro e che mi dicono di volere andare via dalla propria città (è un sentimento giovanile che riguarda non solo i napoletani), che il vero viaggio da fare è dentro di noi.".

Non voglio commentare, in merito, tanta saggezza ma riporto solo il commento, a replica, più gentile, che ho letto: "Lasciamo a questi "provincialotti" la loro psicologia da salotto, noi puntiamo alle stelle!".

Sulla Certezza.

Ho sempre pensato che il sondare noi stessi (il famoso viaggio dentro di sé) e il sondare l'Universo fossero due lati della stessa medaglia, ben forgiata, dentro l'animo umano: siamo esseri strani, insignificanti in un quadro cosmologico ma con una curiosità insita che ci porta a fare delle domande. Domande spesso pericolose ma che, nel loro rimanere in bilico tra esplorazione e autodistruzione, sono essenziali. Domande che, nella loro complessità, ci hanno portato a grandi conquiste ma anche a immani tragedie: soprattutto causate da interpretazioni fuorvianti delle risposte.

Sul Romanzo.

Pubblicato per la prima volta, in Polonia, nel 1961 "Solaris" è un romanzo che, nel corso degli anni, ha fatto nascere un vero e proprio culto, scatenato diatribe sul suo significato intrinseco, portato alla ribalta quella commistione tra Fisica, Filosofia e Psicologia che sarebbe stata, da lì in poi, elemento essenziale nella Fantascienza che non si limita a "raccontare storie" ma che diventa pretesto per porsi delle domande (delle quali si è parlato sopra) e adattato tre volte per lo schermo (una per la televisione e due per il Cinema tra cui nel capolavoro omonimo di Tarkovskij).

Da più di un secolo l'umanità ha scoperto l'esopianeta Solaris. Caratteristica peculiare del pianeta è il suo mare (che lo ricopre interamente) che in realtà è un enorme e unico essere senziente, capace di interagire pur in un modo che agli esseri umani appare oscuro. Sarà il protagonista del romanzo (lo psicologo Kelvin), con i comprimari nella stazione orbitante attorno a Solaris, a verificare le estreme conseguenze dell'interazione con quest’unico abitante del pianeta.

Romanzo di base fantascientica va per forza posto nella categoria delle opere che si prestano a molteplici letture di genere. Infatti, in una trama che ricalca più il Thriller (con parecchie sfumature del classico Giallo psicologico) che non la Fantascienza non mancano ampi riferimenti a varie letterature: Azione, Metafisica e addirittura Avventura e Sentimentale. Tutto ciò lo rende, nonostante la relativa brevità (la versione che ho letto io è di poco più di duecentocinquanta pagine), un romanzo vasto e "denso" per fortuna sorretto da uno stile di scrittura piuttosto essenziale.

Aldilà di ogni interpretazione (personale) quello che più si esalta in "Solaris" sono i limiti della conoscenza umana: limiti totali, sul sé e su quello che sta attorno. Un uomo, pure arrogante, che vorrebbe scoprire i segreti del pianeta quando non riesce nemmeno a cogliere quelli che ha dentro di sé: la cosa curiosa è che sarà proprio l'essere alieno (capacissimo invece di profonde esplorazioni nonostante il suo essere legato al pianeta) a fornire delle (pur criptiche) chiavi d’interpretazione.

Forse un invito a cercare le risposte dentro di noi, forse uno a rivolgerci alle Stelle (da dove proveniamo). Su questa splendida dicotomia il libro (stranamente non pretenzioso, nonostante le premesse) si regge.

Di Uomini e di Nanopianeti.

Cercando di non nascondermi dietro a un dito quello che più detesto di personaggi come l'attore, citato sopra, non è tanto la scelta filosofica (il viaggio dentro noi stessi se scevro da tentazioni parapsicologiche, settarie e antiscientifiche è vocazione ammirevole) ma il voler semplificare, a tutti i costi (in modo "spaghettaro" direbbe un mio amico) e brandendo l'arma, efficace in Italia, del populismo psicologico, temi che invece dovrebbero portare a farci nuove domande più che a trovare delle risposte. Personalmente trovo in ogni immagine, proveniente dalle esplorazioni spaziali, una profonda (anche se a tratti inquietante) carica poetica. Forse perché, non dimentichiamolo, tutti siamo un po' Plutone e Plutone è un po' dentro a tutti.

Mo.

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