Non ho mai nascosto a nessuno, amici e parenti, il mio amore per il rock progressivo. Ma forse dovrei definirlo più come "interesse" che amore, in quanto mi ritengo tutt'ora un grandissimo ignorante in materia, e non solo sul genere in questione. Questa mia autoconsiderazione mi ha sempre fatto tenere i piedi saldamente a terra, e di non andare in giro a sbandierare come uno stronzo le mie conoscenze-base sul prog rock, ossia quei soliti quattro nomi del cazzo noti ai più: Pink Floyd, Genesis, Yes e Jethro Tull. È questa mia autoconsiderazione che mi spinge ogni volta a ritenermi un maledetto ignorante, e perciò, continuare a scoprire nuovi nomi, nuovi generi, nuove punte di diamante della musica tutta, di cui fino a ieri ignoravo completamente l'esistenza.

E dopo aver spolpato per bene tutta la discografia dei Genesis, la settimana scorsa è stato il turno di "Voyage Of the Acolyte", esordio solistico di Steve Hackett, che si colloca perfettamente in quello spazio che separa i Genesis Gabriel era e quelli post-Gabriel. Non a caso, tra i vari partecipanti dell'album, ci sono Collins e Rutherford, rispettivamente batteria e basso. Perché ciò darà una "prima impressione", un assaggio, di quello che poi (ovviamente, insieme a Banks) faranno coi Genesis, ossia con i futuri "A Trick of the Tail" e "Wind & Wuthering". Proprio per questo, ad un primo ascolto, "Voyage Of the Acolyte" suonerà molto ispirato al Genesis sound. Ciononostante, questa è tutta farina del sacco di Hackett, e con l'andare del tempo egli svilupperà sempre più un muro del suono completamente personale. Nel disco non ci sono canzoni bellissime, stupefacenti o epiche. Molto semplicemente perché TUTTO il disco è bellissimo, stupefacente ed epico! E a parte una solenne "Ace of Wands", dove ogni musicista da il meglio di se, l'intero album è dominato dalla chitarra acustica di Hackett. Ed è appunto con quella chitarra che il Nostro riesce a sfoggiare completamente tutto il suo talento e tutta la sua magia. Una magia che trova il picco in "Star of Sirius", dove però, a metterci una mano in più, c'è Phil, che, quando vuole (o quando voleva..), riesce (o riusciva..) ad essere un cantante coi controcazzi. A tutto questo, va un plauso ultra meritato al fratello John Hackett, stupefacente con le dita sul sintetizzatore, e anche ottimo flautista.

Un lavoro di cui non mi dimenticherò tanto facilmente. E che, nel mio lungo e tortuoso viaggio per conoscere tutti i sentieri del prog, si rivelerà un grande e affidabile compagno, che mi starà sempre a fianco e che non mi deluderà mai.

VOTO = 95 / 100

Carico i commenti... con calma