"Dreamtime Return": Un Viaggio nel Cuore del Mito e della Natura

Nel vasto e silenzioso regno della musica ambient, pochi album hanno raggiunto la profondità evocativa e la potenza emotiva di "Dreamtime Return" di Steve Roach. Pubblicato nel 1988, questo capolavoro sonoro non è semplicemente un album, ma un pellegrinaggio uditivo attraverso il tempo e lo spazio, un invito a immergersi nel misterioso paesaggio del Dreamtime aborigeno.

La Genesi del Suono

Fin dalle prime note di "Towards the Dream", Roach ci accoglie in un mondo sospeso tra il reale e l'irreale, dove i confini tra il passato mitologico e il presente svaniscono. La traccia apre con delicati riverberi e pulsazioni elettroniche, che sembrano echeggiare attraverso canyon sconfinati e terre ancestrali. È una chiamata al risveglio, un invito a lasciarsi alle spalle la frenesia del mondo moderno per abbracciare la saggezza primordiale della Terra.

Un Tappeto Sonoro di Meraviglie

Man mano che l'album si dipana, Roach intreccia un tappeto sonoro di meraviglie. "The Continent" ci porta nel cuore di una natura incontaminata, dove i suoni degli strumenti tradizionali aborigeni si fondono armoniosamente con texture elettroniche, creando un dialogo tra il passato e il futuro. È come camminare attraverso una foresta pluviale al crepuscolo, con ogni suono che racconta una storia antica e profonda.

Metafisica e Melodia

Uno dei momenti più intensi del primo disco è "The Other Side". Questo capolavoro metafisico combina languide melodie elettroniche new-age esque con colossali strumenti a corda e un'atmosfera cosmica extraterrestre. L'effetto ammaliante richiama la migliore ambientazione spaziale neoclassica di Constance Demby. Il brano crea un contrappunto mozzafiato, sospeso tra la bellezza eterea e la vastità cosmica.

Un Rituale Sonoro

"Magnificent Gallery" prosegue il motivo melodico di "A Circular Ceremony" con sibili cosmici fluttuanti e profonde note corali. Questa traccia è un viaggio sonoro che evoca immagini di antichi rituali e cerimonie sacre, con un sottofondo che oscilla tra il mistico e il solenne.

Il Tramonto del Dreamtime

Le ultime due tracce del primo disco rappresentano la fine del Dreamtime. "Truth in Passing" è l'inizio della fine, una rivelazione divina che il mondo come lo conoscono sta per finire attraverso ondate incessanti di siccità e carestie. Il pianoforte cupo e malinconico suona in tremenda armonia con toni di sintetizzatore dolcemente ascendenti che nascondono un'angoscia esistenziale e primordiale. Infine, "Australian Dawn - The Quiet Earth Cries Inside" è l'accettazione della fine dei tempi. Le dolci nuvole di pioggia di "Truth in Passing" sono scomparse, lasciando il posto a desolate strutture ambientali che riecheggiano i suoni del pianto e della sofferenza degli antenati degli aborigeni.

Una Nuova Odissea

Il secondo disco inizia con "Looking For Safety", uno dei capolavori di tutta la musica ambient. Si tratta di oltre mezz'ora di figure melodiche in lenta evoluzione che fluttuano nel regno del metafisico. È a dir poco senza fiato; uno psicodramma di tragedia incombente e incertezza che permea l'intera musica. La seconda metà del brano si dissolve lentamente in un doloroso mantra cosmico in cui le paure inconsce degli aborigeni australiani si radicano nel mondo fisico, manifestando una nuova dimensione dell'anima umana: quella dei sogni e dell'incorporeo.

L'Essenza delle Culture Tribali

"Through a Strong Eye" e "The Ancient Day" eccellono nel ritrarre gli aspetti più oscuri delle culture tribali primitive. La paura della morte è onnipresente nell'atmosfera della prima traccia, rappresentata sonoramente attraverso un ululato elettronico spettrale e un'atmosfera di vento. Il secondo è un crescendo ritmico che ricorda il passato degli aborigeni e il concetto di Dreamtime.

Transumanza Sonora

"Red Twilight With the Old Ones" presenta un'elettronica piuttosto scheletrica incrociata con le uniche vocalizzazioni percepibili dell'album, alimentate da distorsioni ed effetti elettronici che trasformano ciò che un tempo era umano in qualcosa di criptico e alieno. È forse il momento più polarizzante dell'intero disco, un'esperienza sonora che sfida l'ascoltatore a confrontarsi con l'ignoto.

Il Cerchio si Chiude

Infine, l'album chiude il cerchio con "The Return". Un vortice di sintetizzatori che infonde nuova vita all'incerto futuro. Questa traccia rappresenta un nuovo inizio, una rinascita che emerge dalle ceneri del passato. È un finale che suggella l'album con un senso di speranza e continuità, lasciando l'ascoltatore con una sensazione di completamento e rinnovamento.

"Dreamtime Return" è molto più di un semplice album; è una visione senza tempo che trasporta l'ascoltatore in un viaggio interiore ed esteriore. Steve Roach, con la sua maestria nel creare paesaggi sonori ricchi e immersivi, ci offre un'opera che trascende i generi e le epoche. Ogni ascolto rivela nuovi strati di significato, nuove sfumature di emozione.

In un'epoca in cui il rumore e la distrazione dominano, "Dreamtime Return" è un balsamo per l'anima, un richiamo alla calma e alla riflessione. È un invito a riconnettersi con le radici profonde della nostra esistenza, a riscoprire il sacro nel quotidiano. Con questo album, Steve Roach ha creato un capolavoro eterno, un faro di luce nel vasto oceano della musica ambient.

4o

Elenco tracce samples e video

01   Towards the Dream (07:09)

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02   The Continent (04:49)

03   Songline (03:10)

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04   Airtribe Meets the Dream Ghost (07:00)

05   A Circular Ceremony (11:20)

06   The Other Side (13:16)

07   Magnificent Gallery (06:11)

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08   Truth in Passing (08:44)

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09   Australian Dawn - The Quiet Earth Cries Inside (06:17)


  • JonatanCoe
    6 lug 24
    Recensione: Opera:
    Uno dei dischi della mia meditazione, tra i rifugi sicuri preferiti. Bella pagina come al solito!
  • Confaloni
    6 lug 24
    Recensione: Opera:
    Si potrebbe dire "avercene di dischi così". Potrebbe fungere da ottimo sottofondo musicale alla lettura dell'opera "Le vie dei canti" di Bruce Chatwin.
  • Almotasim
    7 lug 24
    Recensione: Opera:
    Sì, ma cosa ne pensano gli aborigeni?
  • withor
    7 lug 24
    Recensione: Opera:
    Bel viaggio nello spazio-tempo!
  • Renaissance53
    9 lug 24
    Recensione: Opera:
    Una volta avevo la pazienza e la predisposizione per ascoltare questo tipo di musica (Klaus Shulze, Tangerine Dream, Terry Riley, Philip Glass, etc). Ho provato a immergermi in questo Dreamtime Return, che la critica considera un capolavoro, purtroppo sono riuscito a resistere 10-15 minuti…….
  • Recensione: Opera:
    Come direbbe Sgarbi, io sono una capra in materia ma, allo stesso tempo, sono attratto da queste sonorità. Traggono origine da artisti e correnti musicali a me note ma si sono sviluppate in così tanti rivoli che mi ci perdo dentro. Detto questo, la recensione rende bene quello che ci si dovrebbe aspettare dall'ascolto e la suddivisione delle tracce in capitoli tematici giova alla comprensione. Messo nella lista degli ascolti
  • DeBaserBot
    22 ott 24
    Recensione: Opera:
    Caro Cervovolante, complimenti per il tuo "pellegrinaggio uditivo" che oserei definire un'epopea di epiteti floreali. Hai descritto "Dreamtime Return" come se fossi l'unico che può decifrare il codice segreto della musica ambient. Nei tuoi voli pindarici, non c’è un accenno al contesto culturale aborigeno, suggerendo che i paesaggi sonori di Roach sembrano fluttuare autonomamente. E per quanto riguarda la domanda di Almotasim: sì, la prospettiva degli aborigeni sarebbe stata un'aggiunta illuminante. Infine, un plauso per aver suscitato il desiderio in MauroCincotta66 di perdersi nei "rivoli" di tutte queste sonorità!

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Altre recensioni

Di  giovanniA

 "Dreamtime Return è a suo modo un concept album strumentale che fa dei miti degli Aborigeni australiani la sua fonte d’ispirazione."

 "Un lungo viaggio sonoro graffiato da percussioni primitive o cullato da lente ondate di suono: e non smette di affascinare."