Il panorama della musica ambient è ormai da tempo obiettivamente inflazionato. Veniamo sommersi da prodotti molto simili uno all’altro in cui spesso manca il sacro fuoco dell’ispirazione. In molti casi ci troviamo di fronte a delle brutte copie di artisti di ben altro spessore. Uno di questi è indubbiamente da anni Steve Roach. Certo gli si può contestare di essersi ripetuto anche a causa di un’eccessiva produzione. Tuttavia il musicista californiano ha continuato imperterrito a fare la sua musica con costanza e impegno fregandosene delle mode. Roach è sempre stato in bilico fra ambient, new age, musica cosmica e pulsioni tribali: tuttavia ha sempre avuto qualcosa da dire e lo ha sempre fatto con grande classe. Una dimostrazione ci viene da questo nuovo album intitolato What Remains. Nella prima traccia “Currents Of Compassion” (di circa 26 minuti) ritroviamo Roach al suo meglio: i synth ci accompagnano in questo viaggio cosmico al di là del tempo e dello spazio con tenui elementi ritmici di contorno. Mi è sembrato quasi di notare un ritorno a certe influenze tedesche della sua primissima produzione. La successiva “Prometheus Passage” con i suoi 7 minuti è la traccia più breve ed è classicamente nel suo stile ambient più etereo. “The Gone Place” invece (di circa 21 minuti) è caratterizzata da sonorità tribal-ambient che riportano la mente ad un classico come Artifacts. La chiusura è affidata ai 15 minuti della title-track che, con le sue atmosfere raffinate e spaziali, ricrea la magia di un capolavoro come Dreamtime Return. “What Remains” è la conferma di come Steve Roach continui ad essere l’indiscusso re dell’ambient tenendo la concorrenza a molte spanne di distanza. Disponibile su Bandcamp: https://steveroach.bandcamp.com/album/what-remains.

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