Siamo di fronte ad uno dei giganti della Musica Rock e mi sembra necessaria la recensione del suo primo lavoro solista. Steve Winwood esce dalla sua creatura Traffic nel 1974, decretandone di fatto la fine, ma ci mette un po' per riordinare le sue idee musicali, "distratto" dall'ottima esperienza con Stomu Yamashta ritorna al blues e produce nel 1977 l'album omonimo, composto da solo 6 brani e "cortino" anche per l'epoca aurea del vinile: 37 miniti e rotti.

Dopo cotanta carriera, certamente l'attesa era notevole e fu deluso chi s'apettava una capolavoro, quale "Steve Winwood" non è. Pure l'autore rimase abbastanza deluso, perché commercialmente il suo lavoro non portò grandi risultati, quasi certamente per la mancanza di una hit degna di questo nome, ma non si demoralizzò facendo uscire ancora tre anni dopo "Arc of a Diver" quello si un capolavoro.

Tornando a "Steve Winwood", ritengo che sia senz'altro un buon album, senza vette, ma discreto in ogni suo brano a partire da "Hold on" ben ritmata e scritta a quattro mani con il vecchio compagno d'avventure Jim Capaldi, caratterizzata dalle classiche "sospensioni" alla Traffic e dal sapiente uso dell'hammond da parte di Steve e che rappresenta la colonna portante in ogni brano successivo, come l'ottima e trascinante "Time is Running out": probabilmente il brano migliore grazie anche all'apporto alla batteria di Jim Capaldi e perché no della prima moglie Nicole, entrambi componenti il ritmato coro portante. Si passa poi all'autarchica "Midland Maniac", brano da intorto realizzata in toto da Steve che dà sfoggio delle sue indubbie qualità di musicista lavorando sia alle tastiere che con le chitarre, financo con le percussioni (vere, non sintetizzate!). Magari avrà anche voluto risparmiare sui contributi musicali, però bisogna ammettere che il risultato non ne risente più di tanto.

Si ritorna poi alla classica formazione a cinque girando l'LP sul lato "B" dove troviamo una piacevole "Vacant Chair" classico soul denominato "Blue-eyed" per indicarne una matrice prettamente anglosassone o "Bianca", che lascia il posto all'inconfondibile hammond in apertura di "Luck's in", vagamente riecheggiante qualche passaggio dei Gentle Giant, per poi ritornare immediatamente nei canoni rock dei Traffic, sempre sostenuto alle tastiere dall'autore molto ben accompagnato alla batteria da Andy Newmark, le cui qualità furono notate poi anche da David Gilmour. Purtroppo fiacco il finale di "Let Me Make Something in Your Life", con melodia di Steve decisamente melensa e che abbassa inevitabilmente la media di un album che mi risulta facile giudicare e che ritengo interessante per gli appassionati dei Traffic e di Winwood, ma nulla più.

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