Il consiglio materno rimane lì, in paziente attesa di essere colto. Una serata piovosa di qualche mese fa, (quando ancora non era esploso il boom di vendite), indeciso sul da farsi butto lo sguardo sul tavolo della cucina di casa. Copertina misteriosa ed intrigante con un bell’uso del colore bordeaux. Lo sfoglio incuriosito. Ben presto mi ritrovo seduto a leggere "Uomini che odiano le donne"; prima parte di "The Millenium Trilogy" di Stieg Larsson.
Mi è piaciuto per diversi motivi.
Nonostante abbia due seguiti, “Uomini che odiano le donne” cammina da solo. Termina infatti risolvendo il mistero che apre le danze e rompe l‘equilibrio iniziale: l’omicidio/scomparsa che per 40 anni aveva ossessionato la vita di un ormai anziano industriale svedese (Henrik Vanger). La naturale conseguenza è che il lettore quando chiude l’ultima pagina è sazio e soddisfatto. Non può infatti intravedere come si possa evolvere il successivo "La ragazza che giocava con il fuoco" e non è, quindi, messo nella spiacevole situazione di dover cercare il seguito, per chiudere quanto lasciato fastidiosamente in sospeso.
Nel facile e mendace immaginario collettivo la Svezia è un posto “cool“. Ragazze bellissime, magari lascive, rigorosamente con capelli biondi ed occhi azzurri. Un paese freddo e lontano, ma comunque vicino all’Europa. Una landa felice con pochi abitanti immersi in un ambiente naturale quasi incontaminato, con un sistema sanitario e previdenziale all’avanguardia ecc... Larsson, con la scusa della trama usa la mannaia e ci parla delle donne e del suo Paese, offrendoci una fotografia oscura e dettagliata di una nazione in crisi: politica ed economica e nella quale il maltrattamento femminile raggiunge percentuali non solo preoccupanti, ma vertiginose. Con descrizioni violente e realistiche entriamo nel lato più infimo ed animalesco dell’animo umano che non conosce giustificazioni.
Il nord mi ha sempre attratto: l’ho sempre immaginato pericoloso, ma affascinante. La location scelta per lo svolgersi della maggior parte degli avvenimenti è un microscopico paese in fondo alla Svezia: Hedeby. Sentiamo il freddo pungente che la stringe in una morsa per mesi lunghissimi e senza luce e poi assaporiamo il tripudio di colori che esplodono in una manciata di giorni di tiepida estate. Un posto capace quindi di essere adatto sia per i più tetri misfatti, che per l’inizio di una titubante e fugace storia d’amore.
Lo stile di Larsson è semplice, ma vincente. Frasi brevi con poche chilometriche subordinate. Il risultato è che la lettura scorre con un lessico in genere elementare, ma che è capace diventare estremamente tecnico, oppure scurrile e pesante a seconda delle esigenze. Uno dei punti di forza del libro consta nella descrizione certosina delle situazioni che si vengono a creare focalizzandosi anche sui minimi particolari. Mentre leggiamo abbiamo impressa nella nostra mente le strade ghiacciate, le tavole calde, i seminterrati ed in generale i luoghi teatro del thriller con una precisione davvero fuori dal comune.
Teoricamente, trama alla mano, la protagonista dovrebbe essere la ragazza scomparsa (Harriet il suo nome), oppure il giornalista/improvvisato detective (Mikael Blomqvist), che ne va alla tentennante e perplessa ricerca. Ed invece, per quanto l’occhio di bue si sposti su di lei molto meno rispetto ai due capitoli successivi, la vera star è la minuta Lisbeth Salander. L’hacker dal cuore di ghiaccio. Larsson ha capito di avere creato un personaggio criptico, magnetico e maledettamente attuale. Non ha fretta. Sfoglia la protagonista strato per strato facendo intravedere cosa ci possa essere sotto per poi ritrarsi subito dopo. Bisex, giudicata psicologicamente inferma pur essendo dotata di un intelletto fuori dal comune, hacker, leggera come un grissino, ma letale e dura come un chiodo da bara. Glaciale ed ermetica all’ennesima potenza incarna la complessità di una società contemporanea all’interno dei suoi 40 chili.
La storia costruita è complessivamente avvincente con un intrigante mistero del quale se ne viene a capo dopo lungo ed appagante tergiversare e scrupoloso ricercare. Il giornalista (un amabile Don Giovanni in crisi) che si trova ad investigare si trova di fronte ad un irrisolto rebus con le ragnatele: sa che il colpevole con ogni probabilità è un abitante della cittadina e, dopo 40 anni, cerca di ricomporre il mosaico. Grazie ad una buona costruzione della trama e del susseguirsi degli eventi con studiati cambi di scena (Hedeby e Scoccolma), facciamo fatica a trovare il colpevole. Ciò non toglie che, come ampiamente detto in precedenza, se non ci fosse il personaggio di Lisbeth “Uomini che odiano le donne” sarebbe solo un riuscito thriller. Piacevole per come scritto, per ambientazione e storia, finirebbe inesorabilmente nel dimenticatoio.
Il fatto è, che quando chiudiamo il libro non siamo completamente sollevati e appagati dalla chiusura del cerchio, come solitamente accade. Al contrario, ci viene spontaneo pensare al personaggio di Lisbeth. Intravediamo, infatti, l’enorme iceberg sommerso che verrà svelato nei due capitoli successivi e, mentre andiamo in libreria, ci rendiamo conto che "Uomini che odiano le donne" non è stato che un eterno intro, una prelibata esca e che l’autore (purtroppo scomparso) ci ha magistralmente preso all’amo.
Concludo sconsigliando la visione dell’omonimo film uscito quest’estate. Una pellicola non indecente, ma assolutamente incapace di rendere le atmosfere e la complessità dei personaggi descritti nel cartaceo e che, per la sua mediocrità, potrebbe precludere la lettura del libro, infinitamente superiore ed appagante.
ilfreddo
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Altre recensioni
Di Oo° Terry °oO
"Non so che effetto vi faccia leggere un bel libro. Io in genere tendo al menefreghismo... E leggo, nient'altro."
"Lisbeth Salander è uno dei personaggi letterari più affascinanti che abbia mai incontrato."