«Go For It», terzo e ultimo album in studio degli Stiff Little Fingers che bisogna conoscere e avere, non proprio ad ogni costo ma tenerlo sempre a portata di mano è comunque cosa buona.

Prima c'è stato «Inflammable Material», 2 febbraio 1979.

A dare retta a Mark Perry – quello che porta avanti la fanzine «Sniffin' Glue» e la banda degli Alternative TV – il punk è morto il giorno in cui i Clash hanno firmato per la CBS, e cioè il 29 gennaio 1977.

In pratica, sempre a dare retta a Mark, gli unici album punk sono l'esordio dei Ramones e «Leave Home», sempre loro, 23 aprile 1976 e 10 gennaio 1977.

Il primo Stiff Little Fingers esce il 2 febbraio 1979 e, se il punk è morto, allora «Inflammable Material» è il più bel testamento che potesse lasciare, 13 brani, 12 classici e certe volte l'entusiasmo mi spinge a definire un classico pure la finale «Closed Groove».

Talmente classici che, se i Clash sono per antonomasia l'unica banda che conta, non mi stupisco che per tanti gli Stiff Little Fingers contano di più.

Poi è la volta di «Nobody's Heroes», 7 marzo 1980.

In una ideale classifica, sta un gradino sotto l'esordio, 10 brani, 8 classici, e copertina un po' meno iconica.

Gli Stiff Little Fingers forse non hanno inteso Mark Perry, forse suonano qualcosa che non è punk, ma c'è pure un album dal vivo – «Hanx» – che racchiude il meglio dei primi due ed è una delle migliori testimonianze del genere.

Quale genere, fate voi.

Ed ecco «Go For It», è il 17 aprile 1981.

Nella solita ideale classifica, sta due gradini sotto a «Nobody's Heroes», tre sotto a «Inflammable Material».

Ma tali e tanti sono la stima e il rispetto che gli Stiff Little Fingers si sono meritati in due anni e spiccioli che noi – io e quelli per cui contano pure più dei Clash – quando gli odiosi stilatori di classifiche sono in altre faccende affaccendati, senza farci accorgere afferriamo «Go For It» e lo piazziamo un gradino più su.

L'importanza di averlo sempre a portata di mano.

«Go For It», quello con la copertina bruttina – bruttina in generale, non solo se confrontata con le altre due, a loro modo iconiche – 10 brani, un classico.

Il classico sta lì, subito in apertura, «Roots, Radicals, Rockers and Reggae».

Nelle intenzioni, dev'essere la nuova «Johnny Was», la nuova «Doesn't Make It Alright», reggae in rotta di collisione col punk, ritmica serrata, chitarre graffianti, voce urlata senza grazia.

Non è la nuova «Johnny Was», neppure la nuova «Doesn't Make It Alright» ma ci va dannatamente vicino, ti si ficca in testa come un chiodo martellato fino in fondo per quanto è lungo, come ogni classico che si rispetta.

Ecco, chi conosce «Go For It» anche solo per sentito dire, in realtà conosce «Roots, Radicals, Rockers and Reggae».

E poi è un originale, come pure «The Only One» e «Safe As Houses», altre incursioni reggae – qui del punk ci sono poche tracce ma non se ne sente la mancanza – che preannunciano di una decade buona la venuta dei miei amati Scum Of Toytown.

Come originali sono pure gli altri sette brani che servono per arrivare a 10, nessuna cover.

Qualche sorpresa, la strumentale «Go For It», utile ad aprire i concerti di là da venire, come «Durango 95» dei Ramones, solo che «Durango 95» è decisamente meglio; e i fiati in «Silver Lining», bella, davvero molto.

Tante conferme.

Soprattutto, che gli Stiff Little Fingers sono una banda straordinaria, di quelle capaci di rappresentare il sentimento di una generazione, coinvolgenti, trascinanti, come loro in patria solo Rory Gallagher.

Poi, che suonano un rock'n'roll stradaiolo, meno sporco e graffiante dell'anno prima e di quello prima ancora, ma a chi piace che una canzone punk la si possa anche cantare e non solo urlare «Go For It» regala più di un momento da ricordare, tipo la travolgente «Kicking Up a Racket» (quella più vicina ad essere un classico), una «Gate 49» che sembra puntare dritta alla conquista del mercato statunitense come aveva fatto pochi mesi prima «Hanx!» (va male in entrambe le occasioni, ovvio), o «Piccadilly Circus» che chiude in bellezza.

Che poi una sua (drammatica) cantabilità ce l'ha pure ogni secondo di «Inflammable Material» e, a maggior ragione, di «Nobody's Heroes».

«Go For It» è la naturale evoluzione.

L'album della raggiunta maturità.

E non è sempre un male, nemmeno a 40 anni di distanza.

Nemmeno per una banda punk.

Nemmeno se il punk è morto il 29 gennaio 1977.

Carico i commenti... con calma