Eravamo abbastanza giovani, e come tutti i giovani eravamo talebani. Il solito discorso degli incendiari a vent'anni e dei pompieri a quaranta. Retorico, noioso, ed abbastanza vero... Oggi guardo a quest'operazione con occhi disincantati, divertiti ed ammirati. Allora, ovviamente, m'incazzai. E con me quelli che suonavano con me. Tutti cresciuti a pane e Police, Prince e Boss, noi si credeva fermamente che alcune cose non dovessero, né potessero, essere toccate. Ed avevamo seguito l'evolversi dei Poliziotti praticamente in ginocchio, entusiasmandoci ogni volta, ed ogni volta sempre di più.

Quei cinque dischi nessuno uguale all'altro, ma tutti con quello splendido denominatore comune del trio strumentale “leggero” più originale della storia. Suoni nuovi, fortemente contaminati ma realmente uguali a null'altro. E, dopo l'entusiasmo per una delle più belle ballate di sempre (“Every breath you take”, ovviamente), inclusa in un disco molto ricercato, a tratti per nulla facile, e comunque apparentemente frutto di un percorso, non potevamo accettare un passo avanti, o forse meglio “altrove”, che implicava il tragico abbandono degli altri due Poliziotti. E non c'era scusa del jazz che tenesse. Eravamo incazzati. E sbagliavamo. Sbagliavamo a cercare la chitarra di Summers dove la chitarra non poteva né doveva esserci, e quella poca era suonata dallo stesso Sting, alle sei corde accompagnatore buono del canto ma nulla più. E non potevamo aspettarci il rullante di Copeland dove quello di Hakim batteva in maniera completamente diversa. Poi, apparentemente, troppi piani, troppe tastiere, troppo sax. Eccheccazzo... e i nostri Police dov'erano finiti? Sting, benché allora anche lui giovane (s'invecchia insieme...: vi svelo questo orribile segreto), aveva capito più di quanto avessimo capito noi. Aveva capito che le cose nascono, si sviluppano, e finiscono. E questo vale anche per i gruppi che hanno fatto la tua fortuna. Sta a te capire che il vero grande è colui che cambia strada (Battisti, Faber, Bowie), mentre il misero batte, sempre peggio, lo stesso asfalto, sempre più liso e sciolto. E forse anche il Pungiglione, invecchiando, batterà sempre un po' peggio la strada solista per poi finire a cantare canzoni medievali e tornare coi Poliziotti... Ma allora c'era l'urgenza, l'emergenza di dire qualcosa di nuovo. Di voltare pagina davvero.

Perché nel sogno delle tartarughe blu solo la voce, benché in continua ed evidente maturazione, era la stessa di prima: il resto era tutto diverso. E la cosa si sarebbe resa oltremodo evidente nel tour dell’album, splendidamente documentato dal live “Bring On The Night”. E anche se non è certo la prima volta nella storia che si mescolano i terreni ed i linguaggi del jazz con la musica d’autore, il rock, o più in generale la musica cosiddetta “leggera”, possiamo dire senza timore di sbagliare che è la prima volta che i linguaggi si mescolano in questo modo. I Police (dunque Sting fino ad allora) avevano inaugurato un linguaggio “post-punk”, di “reggae bianco”, per trovare definizioni comunque posticce e parziali, in realtà inaugurando una pagina nuova e indimenticabile della storia della musica non solo d’oltre Manica. Sting traduce il proprio linguaggio, la propria voce, dando un apparente tributo al reggae di fianco ad un auto-cover poliziottesca, tributando più d’un atto d’amore totale al mondo del jazz, toccando temi sociali citando persino Procofiev. Insomma: confezionando un disco al contempo leggero e intellettuale. Facile e difficile. Di fruibilità immediata quanto a lungo masticata. Miracoli, checché se ne dica, che potevano avverarsi ancora e soltanto nei vituperati ottanta, anni di Gazebo e Righeira, ma anche di “Don Giovanni” e “Creuza de mà”. Anni che hanno visto vivacchiare, anche bene, grandi come Bowie, Morrison, Stones, Pink Floyd ecc…, ma nascere commercialmente U2, Simple Minds, Prince, Talking Heads, Dire Straits e molti altri. Commercialità di qualità, canone ormai perduto. In Italia Vasco, Pino Daniele, Bennato, De Gregori, Faber, Secchioni, Guccini. Gente nuova accanto a gente c’era prima ma che ancora sapeva dire cose grandissime. Altri tempi, altri orgasmi, direbbero gli Squallor. Altri grandissimi, scomparsi, d’allora.

Carico i commenti... con calma