Corey Taylor, frontman di uno dei gruppi più stravaganti (non certo originali nè tragressivi), ovvero gli Slipknot, ci riprova con il "suo" gruppo personale. Gli Stone Sour ci propinano un nuovo lavoro. "Come What(ever)" è il secondo disco di questa band satellite dei 9 mascherati di DesMoines. La sostanza però cambia alla ultima proposta dei mascherati, ma il reale valore qualitatevole non è così notevole, anzi. Il precedente omonimo disco era un pò monocorde, leggermente in linea con i tempi in cui il nu-metal faceva stragi di ragazzini in cerca di qualcosa di incazzato, ma presentava elementi abbastanza interessanti: una leggera dedizione alla melodia, buona aggressività e anche un'ottima capacità strumentale che fraceva di loro una speranza, seppur piccola, per la continuazione del genere. Dunque, tutto questo lo ritroviamo possente anche in questo secondo disco, ma nella stessa, anonima maniera del precedente.
Prima canzone: "30/30-150" inizia forte, con un riff di Slipknotiana memoria per poi farsi veloce e martellante, ma un pò banalotta la soluzione vocale e ritmica e un ritornello molto semplice da risultare quasi fastidioso. "Come what(ever) May" corre sulla stessa linea: riff un po' prevedibili, strofe orecchiabili e d'impatto e un ritornello di facile presa. Forse il punto vero è che questo disco si presenta, dalle prime battute, molto d'impatto e, nonstante una durezza del suono, molto orecchiabile. Poi, sottolineo anche, in questo brano, un assolo un po' fuori luogo, inutile. "Hell& Consequences" non cambia di molto i toni, con un ritornello banale, ma di molto. Corey canta bene, anche se ogni tanto cade nella voglia di incazzarsi penetrando nei territori cari agli Slipknot, mentre la sezione strumentale, con quel tono che sfocia in melodie orientali mi sembra nuovamente, inutile e fuoriluogo. Ed eccola lì, prevedibile, la prima ballad: "SillyWorld": 4 minuti e oltre di melodia scialba e già sentita. "Made Of Scars" è monocorde, mentre si respira un pò di sana cattiveria nella successiva "Reborn", con un Taylor che mostra le sue famose urla nel ritornello. "Your God" presenta un incedere calmo per tutta la sua durate, un assolo carino e nulla più. Le melodie sono abbastanza scontate, neanche tanto interessanti. e, nuovamente immancabile, la seconda ballatona: "Through Glass". Se siete in cerca di una canzone dalla melodia accativante, con sottofondo acustico, ecco la canzone che fa per voi, che però, senza banalizzare, è abbastanza bella, sulla falsa rga di "Bother" del precedente disco. Fuori dall'atmosfera semi-metal del disco, è forse questo uno dei pezzi migliori, in cui la voce quasi sofferente di Taylor si mostra in tutta la sua forza ed espressività. Ma, di riflesso, esce anche la traccia più brutta: "Socio". Si continua con canzoni molto standard, senza un mordente vero che possa innalzarle qualitativamente: "1st Person", "Cardiff" sono l'emblema di questo disco: monotono, monocorde, con soluzioni prevedibili e neanche tanto studiate. Chiude "Zzxyz Rd", ballad accompagnata da un tappeto di pianoforte e chitarre acustiche. Non saprei giudicarla correttamente, perchè è perfatta nel suo standard: è la solita ballad che inizia con il pianoforte, con voce quasi sussurrata, per poi esplodere con chitarre distorte che sprizzano assoli pieni di sentimento, mentre la voce continua a cantare sulle melodie chitarristiche, per poi chiudere con un epilogo di pianoforte. Già sentite di balla dome questa.
Giudicarlo in sintesi non sarebbe difficile: è un disco classico del Nu-Metal: brani tirati come potenza sonora ma che strizzano troppo l'occhio alle melodie commerciali e di forte impatto. Il problema nn è tantop la melodia in questo disco quanto la sua monotonia e la sua spiazzante prevedibilità. Per chi è assetato di nu-metal facile facile e di immediato ascolto. Per gli altri, astenersi.
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