Ere sono il dolore delle reminiscenze distaccate e sepolte nelle sinapsi. Come quella volta, sulla spiaggia, con il vento dell'oceano tra i capelli e il sole invernale. Un attimo intrappolato nella memoria, così vicino, così assillante, così distante.
Ere sono i rapporti che impallidiscono, fantasmi tremendi destinati a tenerci compagnia. Come quella polaroid con una nota d'inchiostro sul retro, una dedica sbiadita che perde il suo significato, sottostante al regime marziale del tempo.
Ere sono le distanze che ardono. Come quei solchi che tracciano un tragitto costellato d'ostacoli e che alimentano l'oscurità nella sua forma più pura. È l'autoconvincimento di poter illuminare strade oramai abbandonate alle fiamme della solitudine.
Ere sono tutte le grida mai urlate. Come quelle certezze mai così vicine ai dirupi. Sono le lacrime sospese e trattenute. Sono le passioni feroci. Siamo noi nella nostra fragilità che tuona nel subconscio.
Ere sono il tentativo di voler costruire qualcosa. Come quell'abbraccio, sotto l'incessante battere della pioggia autunnale. Interminabile, avvolgente. È il chiudere gli occhi per riviverlo ed aggrapparsi alla cieca speranza di non aver rimorsi.
Ere sono la confusione delle scelte contorte a cui chiediamo risposte ogni giorno. Come quell'illusione di aver trovato un equilibrio, mascherato dietro la vacuità di una stasi anonima.
Ere sono gli Storm{O}. Come quel gruppo che mi ha travolto come una tempesta quest'estate al Vicenza Hardcore Festival. Ma nel 2018 c'è ancora più claustrofobia, c'è ancora piú malinconia, c'è un'esasperazione dove non c'è davvero più niente da aggiungere. È il punto di non ritorno asfissiante di un post hardcore macchiato dalle tinte più brutali dello screamo e del noise. La formula chimica per sgretolare ogni rimasuglio di candore è nelle melodie fredde e taglienti. L'ingenuità di aver trovato la quadra, svanisce nell'evoluzione delle rasoiate che si catapultano, una dietro l'altra, rincorrendosi frenetiche, nella disperata presa di coscienza che le Ere ci divoreranno lentamente e insaziabili, come fiere dantesche.
Ere è il meglio che la scena hardcore italiana possa offrire. Potremmo dire che sia il manifesto della nostra sconfitta (ops), ma è molto di più. È il gelo schizofrenico di sassate hardcore che ci fanno sentire vivi, che ci risvegliano, che ci fanno riflettere e ci ricordano una semplice lezione: che ce ne andremo leggeri, come statue di sabbia che corrono verso il mare.
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