25 maggio 2018, capitolo II. Il gruppo principe del prog melodico Subsignal stavolta ci fa aspettare diversi mesi in più ma torna con un album degno del suo nome. Il titolo è spagnoleggiante e anche piuttosto inquietante, ma non è il preludio a qualcosa di oscuro e tenebroso; a quanto pare i titoli spagnoleggianti garbano parecchio al combo tedesco, si veda il titolo del terzo album o dell’ultima traccia del secondo, e forse anche qualche sonorità che gira intorno a quell’idioma, si pensi alle frequenti incursioni simil-flamenco qua e là, qua però pressoché inesistenti. Una scelta forse un po’ pericolosa negli anni del dominio della feccia latina nelle classifiche internazionali, il rischio di suscitare perplessità o strani accostamenti a tale feccia non è poi così astratto…

Quinto album per i Subsignal, “La Muerta” è più che altro una conferma, quella che forse ci aspettavamo, anche se forse al quinto album un cambio di rotta è sempre un tantino gradito. Quel che si nota è probabilmente un maggior ricorso a strutture molto orecchiabili anche se questo lo si scorgeva già in “Paraiso”. E poi grazie al nuovo tastierista Markus Maichel si nota un po’ più di coraggio di osare nell’uso delle tastiere rispetto ai due precedenti album ma forse non ai livelli dei primi due, qualche tocco interessante ma anche diversi inserti con il suono di mellotron a dare qualche piccolo rimando vintage, tutto però inserito nel contesto moderno. Quasi completamente debellate invece le influenze metal, con gli unici inserti heavy praticamente circoscritti alla sola title-track, ciò non toglie che il lavoro chitarristico si mantiene sempre un tantino spigoloso, dai suoni incisivi pur nella magnificenza melodica.

L’approccio dei Subsignal ha sempre avuto una potenza melodica al limite del pop ma qua diversi brani sembrano accentuare questa tendenza. Particolarmente esemplificativi a tal senso sono ad esempio “The Bells of Lyonesse”, con il suo ritornello brillante e solare, ma anche la più contenuta “When All the Trains Are Sleeping”. Ma particolarmente significativa è “Even Though the Stars Don’t Shine”, introdotta da un synth cristallino ed allegro e caratterizzata da riff di chitarra puliti e vivaci e da un ritmo incalzante, da un mood tremendamente estivo, quasi da spiaggia o da cabriolet; se proprio dovessi nominare una canzone tormentone dell’estate indicherei proprio questa, un brano estivo ma decente! E poi c’è “As Birds on Pinions Free”, il brano più potenzialmente a rischio di essere etichettato come riempitivo ma che invece a mio avviso si distingue per miglior gestione delle melodia; è proprio qui che la chitarra di Markus Steffen si destreggia meglio dal punto di vista melodico, risulta poi estremamente vincente l’idea di cambiare tonalità praticamente in ogni sezione, con il ritornello che non viene mai eseguito alla stessa tonalità; una piccola gemma melodica potrei definirla.

Ma spostiamoci per parlare dei brani più esplicitamente prog. Su tutti spiccano gli oltre 7 minuti di “The Passage”, fra passaggi synth, passaggi pianistici, assoli, accelerazioni, rullate di batteria e momenti più lineari. Breve ma incredibilmente dinamica “Every Able Hand”, che in pochi minuti sa alternare bene brillanti fraseggi synth, simpatiche marcette, aperture melodiche e ghirigori strumentali di un certo livello. Nelle strofe della title-track invece troviamo residui metal immersi in massicci loop elettronici. “The Approaches” invece si pone come una via di mezzo fra la canzone composta e melodica e il neo-prog grazie ai passaggi strumentali centrali.

Da menzionare anche i brevi interludi strumentali, l’intro “271 Days” con i suoi intelligenti passaggi strumentali ben concentrati in un solo minuto e la breve e rilassante parentesi acustica “Teardrops Will Dry in Source of Origin”. Rilassante e riflessiva anche la conclusiva “Some Kind of Drowning”, guidata da un delicato pianoforte e cantata a due voci con la cantante Marjana Semkina del duo russo Iamthemorning (gruppo che mi rimprovero di aver ascoltato solo una volta di sfuggita).

In sostanza ribadisco ciò che dicevo prima: una conferma, come sempre in gran stile, una garanzia anche se forse la garanzia a lungo andare può stancare, ma pur sempre una garanzia.

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