Essere i Suicide vuol dire salire sul palco sapendo che rischierai di morire... Notte per notte, show dopo show, rischiare di morire... Morire per mano di un pubblico che ti rifiuta, che non ti sopporta, che a te si ribella... Una moltitudine di esistenze mute e futili che si tramuta in una fiorescenza, entità molteplice ma organismo unico, organismo molteplice ma entità unica... Tante debolissime vite indifese che si uniscono e si fortificano: il pubblico... Ed il pubblico dei Suicide lancia addosso ad Alan ed a Martin tutto quel che ha da sferrare, e sale sul palco per pestarli... Costoro istigano al suicidio, istigano al nichilismo, istigano alla violenza, si disse, si scrisse... Ma nulla di tutto ciò fu verità. Verità è che il nemico peggiore dell'umanità è sempre e pur sempre l'umanità, che si coalizzi in fiorescenza, che si coalizzi in Stato, che si coalizzi in pubblico ai concerti dei Suicide; che si fortifichi con fischi e monkey wrenches e che si fortifichi dietro la sovranità, la legge e le retoriche. L'umanità ha per nemico l'umanità, ed il primo nemico di ogni singolo uomo è se stesso. E' questo il senso dell'arte dei Suicide: rivelare all'umanità - che sia tutta assieme, che sia ad ogni singola coscienza, volta per volta - che non vi è alcun modo di difendersi da se stessi. E l'audience, notte per notte, show dopo show, dimostra di sapere ma di non volerselo sentire ripetere; sa e vuol fingere di non esserne consapevole. Ed attacca, e si scaglia contro chi tenta di spogliare l'umanità della propria corazza di finta ignavia, e di vera ipocrisia. La verità dei Suicide è che l'uomo è un animale non evoluto; che il coniglio, sapendo d'esser preda, decide di esser prudente, di nascondersi, mentre l'uomo, mostro cannibale ed autofagocitante, certo d'essere ad immagine e somiglianza di Dio perché millenni fa se lo scrisse con le proprie mani,  in virtù di questa convinzione, s'appalesa fiducioso, s'aggrega ai suoi simili, si consuma e si fa consumare, di fatto suicidandosi...

Atmosfere meno scarne, tutte a favore delle dieci dita di Martin Rev; meritodemerito della produzione di Ric Ocasek... Ad un primo ascolto tutto il sound sembra "normalizzato", ma "in verità" tutto è rimasto quel che doveva essere... E' solo che il groove che c'era nella testa di ognuno di noi nel loro primo disco, adesso non si ha la necessità d'inventarselo, poiché è stato inciso sotto i brani. "Diamonds, Fur Coat, Champagne" è un sogno nero; in "Mr Ray" Vega è un sergente di ferro che si trasforma in licantropo; "Sweetheart" è la figlioletta di "Cheree", ed Alan Vega è colui che Elvis Presley, prima di suicidarsi dandosi in pasto ai filmetti ed alle autofagocitanti autocaricature in costume, avrebbe voluto divenire ed essere, senza averne il coraggio. Ancora l'Elvis che non fu in un rock sopra tastiere in loop, nonché un piffero-refrain in "Fast Money Music".

Nell'oscura "Touch Me" è Jim Morrison che rinasce, e lo fa in un mondo in cui le aspettative e le illusioni di una generazione sono state una volta per tutte maciullate, inghiottite, assimilate ed "infine finalmente" evacuate... Un Morrison che conosce un unico fungo, quello atomico. "Harlem" è il capolavoro di disperazione panica. Un dark no wave di urla strazianti, un susseguirsi di vittime ai vicoli, tragedie familiari, violenze domestiche, piraterie sulla strada, sirene-colonna sonora della Big Black City... E di vittime e carnefici che hanno le stesse facce...

"Be Bop Kid" è il gioco mentre spettacolo è l'onirica "Las Vegas Man", minimal jewel luminosa come i riflessi di luce su un prisma... In "Shadazz" il crooner, sostenuto da ritmiche e loops convincenti, ci offre una quasi vera canzone. Lo spleen riprende nero nero in "Dance", mentre tra apprezzabili effetti stranianti (ovviamente marchiati Ocasek), Vega rasenta la spoken word in "Super Subway Comedian". Un "prete suicida" e col ciuffo anni '50 in "Dream Baby Dream", mentre nella finale "Radiation" l'animale minimalista riprende il sopravvento.

Disco meno d'impatto immediato, con un numero inferiore di brani-manifesto (su tutti l'iniziale "Diamonds, Fur Coat, Champagne", la 'nera' "Harlem" e la trasognata "Las Vegas Man"), ma non per questo meno ricco ed ispirato. La formula, nel 1979, a due anni dal debut ed a otto dall'inizio di questa 'race to nowhere', è sempre buona ed i risultati sempre all'altezza. Disco che non può reggere il confronto col predecessore - soprattutto perché "Suicide" fu l'episodio di rottura col mondo della musica contemporanea più palese che si possa ricordare -, ma che di certo non merita di finire nel dimenticatoio, come invece sta rischiando di fare. Da ascoltare a tuti i costi, con l'attenzione e con l'attitudine di chi si trovi in una galleria d'arte moderna, e che ogni brano sia un quadro, una scultura...

Per riuscire a fare arte vera a volte devi rischiare grosso... Martin ed Alan rischiavano la vita, notte per notte, show dopo show...

Elenco tracce testi e video

01   Diamonds, Fur Coat, Champagne ()

02   Mr. Ray (To Howard T.) ()

03   Sweetheart ()

04   Fast Money Music ()

05   Touch Me ()

touch me, touch me
touch me, touch me
touch me, touch me
touch me, touch me
touch me soft, touch me soft
cool as ice, cool as ice
like i like it, like i like it
like i like it, like i like it
oh so soft, oh so soft
oh so soft, oh so soft
touch me, honey
like a kiss
touch me, honey
like a kiss
do it, do it, do it, do it
cool as ice, cool as ice

touch me, touch me
touch me, touch me
touch me, touch me
touch me, touch me
touch me soft, touch me soft
cool as ice, cool as ice
like i like it, like i like it
like i like it, like i like it
oh so soft, oh so soft
oh so soft, oh so soft
touch me honey
like a kiss
touch me, honey
like a kiss
oh, do it, do it, do it do it
cool as ice, cool as ice

07   Be Bop Kid ()

08   Vegas Man ()

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